Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La rivoluzione che non ci fu Quella che si è svolta in Italia in questo settembre che muore è stata una rivolu– zione, o, se si vuole essere piu esatti, una fase della rivoluzione cominciata - da noi 86 - nel maggio 1915. (...) Non c'è stata la lotta nelle strade, le barricate e tutto il resto della coreografia insurrezionista che ci ha commosso sulle pagine dei Miserabili. Ciò non ostante una rivoluzione si è compiuta e si può aggiungere una grande rivoluzione. Un rapporto giuridico plurisecolare è stato spezzato. Era vero il contrario ..L'occupazione delle fabbriche fu una grande lezio– ne pratica, di politica e di economia, per la classe lavoratrice italiana, che può paragonarsi, per il suo effetto di doccia fredda, allo sciopero generale inglese del maggio 1926. Gli operai italiani furono messi di fronte al fatto, amaro a riconoscersi, che la loro fatica manuale aggiunta ai macchinari non bastava a produrre ricchezza. Ad essi occorreva direzione tecnica, credito e organiz– zazione commerciale. Il fallimento dell'esperimento - sc~issepochi mesi dopo il già ricordato osservatore - ha avuto una notevolissima importanza storica; la classe operaia ha molto imparato lungo quelle settimane ..• 87 Finita l'occupazione delle fabbriche nel settembre 1920, si diffuse tra. il popolo l'idea che la rivoluzione fosse fallita, e se ne provò uno scoraggiamento profondo. Come sempre succede nelle sconfitte, le recriminazioni reciproche amareggiarono i rapporti tra riformisti, massimalisti e comunisti. Nell'autunno del 1920, una commissione di dirigenti socialisti e delle organizzazioni sindacali, che si era recata in Russia nella primavera prece– dente a scoprirvi la terra promessa, faceva ritorno con degli impressionanti racconti sulle condizioni di vita del popolo russo. Il mito di Lenin ricevette allora una severa battuta di arresto. D'altra parte, in Italia come altrove cominciava a farsi sentire una acuta crisi industriale, via via che il periodo di artificiale espansione economica creato dalla guerra si estingueva. Questa crisi portava di conseguenza alla disoccupazione, e, come sempre succede, l'aumento di disoccupazione inde– bolisce lo spirito combattivo delle organizzazioni operaie. Oltre a ciò, la fre– quenza e la futilità di molti scioperi avvenuti nei due anni precedenti aveva provocato .un senso di stanchezza tra un numero sempre· crescente di lavora– tori. Questa stanchezza nei confronti dello sciopero coincideva con l'inizio di un periodo economico nuovo nel quale la lira cominciava a ritrovare una stabilità. I prezzi si mantenevano piu fermi, e in tal modo venivano meno le cause fondamentali degli scioperi. Mussolini, con quell'elevato senso psicologico del momento che lo di– stingue, sottolineava nel Popolo d'Italia del 1 novembre 1920, che "la situa– zione interna italiana migliora giorno per giorno." E nel numero del 31 di– cembre, cos1scriveva: 3t1 Il corsivo è di Mussolini. 37 R. BACHI, L'Italia economica nel 1920, cit., p. 348. ibloteca Gino Bianco

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