Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Il colpo di stato del maggio 191 5 era servito del fatto che la conquista della Libia era economicamente sconsi– gliabile. Ma il punto a cui miravano i suoi attacchi, nel 1914 come nel 19II, era sempre la società capitalista che affrontava la sua ultima ora. Dopo che il governo ebbe dichiarato la neutralità, Mussolini per due mesi riempi il quot~diano socialista di grida, proteste, accuse e minacce contro il governo italiano e contro le "orde teuto1;1iche," 5 contro l'imperialismo in• glese e francese, contro il Belgio, contro tutto il mondo. Quanto al Belgio, il 4 settembre 1914 scriveva: . Ci si invita a piangere sul Belgio martire. Siamo in presenza d'una farsa sentimen– tale inscenata dalla Francia e dal Belgio. Queste due comari vorrebbero sfruttare la cre– dulità universale. Per noi il Belgio non è che una potenza in guerra, come le altre, e noi non crediamo d'adottare pel nostro giudizio il metodo dei due pesi e delle dpe misure. Tutte le potenze in guerra sono tutte allo stesso modo colpevoli e allo stesso grado, e noi abbiamo il diritto, il dovere di sollevare la classe operaia contro questi fatti. 5 bis Il 13 agosto, scriveva: La guerra fra le nazioni è collaborazione di classe nella sua forma piu acuta, piu grandiosa, piu sanguinosa. La borghesia tripudia - e lo si vede dai giornali - quando può stroncare sull'altare della " sua " 1 patria il proletariato e l'autonomia di classe del pro– letariato. Il grido che echeggia in questi giorni e domina: "Non ci sono piu Partiti! " si presta alle piu gravi riflessioni ed è una conferma della nostra tesi. Colla guerra la bor– ghesia pone il proletariato dinnanzi a questo tragico dilemma: o l'insurrezione facilmente repressa nel sangue, o la partecipazione - solidale - al macello. Si capisce che quest'uhi-· mo termine del dilemma è mascherato di parole piu o mend solenni, come patria, dovere, integrità territoriale, ecc., ma la sostanza non muta. Ecco la ragione profonda che ci fa detestare la guerra. 6 E il 16 agosto: "Noi vogliamo rimanere - fino all'ultimo - fedeli alle nostre idee di socialisti e di internazionalisti: il turbine potrà travolgere le nostre persone, ma non travolgerà la nostra fede." 7 La conclusione era sem• pre la stessa: l'Italia non deve abbandonare la neutralità, e se il governo teata di passare dalla neutralità alla guerra, sia contro le potenze centrali o contro la triplice Intesa, il proletariato deve scatenare la rivoluzione sociale. Ben presto tuttavia, in queste espressioni antipatriottiche, cominciarono ad insinuarsi alcune incertezze. Già il 5 agosto 1914, aveva ammesso che ove la patria fosse vittima di un'aggressione, il proletariato avrebbe dovuto com– battere per legittima difesa; ancora il 1 settembre, Mussolini affermava che una guerra "per respingere una eventuale invasione" sarebbe ,stata conside• rata legittima anche per i socialisti rivoluzionari. 8 Questa era la dottrina uffi• ciale del partito canonizzata dai congressi intèrnazionali, e nessun socialista, neppure quelli di piu stretta osservanza, poteva aver niente da obiettare. 11 "Avanti!," s agosto 1914. 11 bi• "Avanti! " (cit. in A. DE AMBRIS, Mussolini. La leggenda e l'uomo, Marseille, E.S.I.L., "Pagine dell' • Italia Libera,• " n. 7-8, maggio-luglio 1930, p. 21. [N.d.C.] .. 6 " Avanti! " 7 "Avanti! " 8 " Avanti I " 377 Bibloteca Gino Bianco

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