Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Lezioni di Harvard: L'Italia dal 1919 al 1929 dall'opulenza e spogliarla delle sue colonie, delle sue miniere, dei suoi pozzi di petrolio. Parlavano con grande enfasi della "piu grande Italia" e delle aquile romane di nuovo in volo su tutto il bacino mediterraneo e oltre le Alpi. Annunciavano che nessuna forza umana avrebbe mai potuto contrastare il destino imperiale dell'Italia. Sollecitavano la creazione di uno spirito guer– riero nelle giovani generazioni italiane. Insistevano perché si agisse subito, non importa come e dove, con eroica noncuranza del pericolo. In questo insieme di pensieri e di emozioni Gabriele D'Annunzio iniettò una vena di morbosa sensualità. I nazionalisti erano, prima di tutto, antisocialisti, perché i socialisti erano pacifisti, internazionalisti e contrari alle spese militari e alle avventure di • guerra; erano anche contro le istituzioni parlamentari, perché non potevano sperare di condurre a termine i loro piani in un paese che era tutto men che guerriero, e con un Parlamento che non poteva sfidare i sentimenti del paese. · Quando dalla estrema sinistra rivoluzionaria si v0lsero alla estrema destra con– servatrice, non dovettero far altro che attaccare la democrazia dalla destra con le stesse armi che avevano imparato ad usare quando l'attaccavano dalla sinistra. Se il fascismo ha una dottrina coerente, si •deve al fatto che i fascisti acquistarono all'ingrosso la dottrina nazionalista. Lo stesso Mussolini, durante i primi anni della sua carriera politica, condivise interamente la dottrina sin– dacalista; egli fu soltanto piu lento sulla sua evoluzione dal sindacali– smo al fascismo. Mentre Federzoni, Maraviglia, Forges-Davanzati fecero il salto molto prima e nel 1910 si unirono a Corradini per formare il par– tito nazionalista, Mussolini non abbandonò il partito socialista prima del– l'autunno del 1914, e solo nel 1921 passò apertamente dalla parte nazionalista della barricata. I nazionalisti incontravano favore tra gli ufficiali dell'esercito e della ma– rina e tra i capi del ministero degli Esteri. Essi sostenevano anche l'autarchia economica, da raggiungersi mediante elevate tariffe doganali, come mezzo indispensabile per preparare la guerra; erano quindi sostenuti finanziaria– mente dai grossi industriali, i quali, grazie agli alti dazi protettivi e alle for– niture governative, prosperavano a spese dei consumatori e dei contribuenti. La influenza del partito nazionalista nel paese era piu larga e profonda .di quanto non apparisse dalla sua rappresentanza parlamentare. I piu dei suoi leaders erano uomini di eccezionale scaltrezza politica e dotati di ardore gio– vanile. Erano tutti spiantati, ma sostenuti finanziariamente da persone facol– tose, e potevano quindi dedicare tutto il loro tempo all'attività politica. Infine, e certamente non fu questo il fattore meno importante, la alta e media bor– ghesia intellettuale italiana aveva una mentalità "nazionalista"; correnti di pensiero e stati d'animo "nazionalisti" si potevano ritrovare persino tra i repubblicani di estrema sinistra. Ci dobbiamo ricordare che quella mentalità che oggi diciamo "nazionalista" o "imperialista," nell'Europa continentale durante la prima metà del diciannovesimo secolo, non fu una dote peculiare dei partiti conservatori, ma dei partiti democratici, e solo nella seconda metà BiblotecaGinoBianco

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