Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Lezioni di Harvard: L'Italia dal 1919 al 1929 no della minoranza al potere poi ci sono dei gruppi piu o meno clandestini che tirano i fili dietro la scena. Nei regimi totalitari le cose non vanno diversa– mente. Ma c'è, tuttavia, una differenza sostanziale tra un regime oligarchico o totalitario e un regime democratico. Sotto un regime oligarchico o totalitario i diritti politici (libertà di parola, di stampa, di associazione e di riunione) sono legalmente il privilegio di una minoranza che possiede per diritto proprio il monopolio del potere. Una costituzione democratica garantisce gli stessi diritti politici a tutti i cittadini, senza distinzione di classe, religione, razza o apparte– nenza politica. Conseguentemente una democrazia è un regime di libera con– correnza tra libere minoranze, anche in quei paesi dove le masse sono politi– camente educate ed organizzate. Ma questa non è una buona ragione per · considerare un regime democratico come identico ad un regime oligarchico o totalitario. Sotto un regime democratico l'elettorato può congedare il partito al potere, e mediante l'uso di questo diritto politico il corpo elettorale può esercitare il- proprio peso sulle decisioni della minoranza che governa. Sotto un regime oligarchico o totalitario, quella parte della popolazione che non è emancipata, o tutta la popolazione, non ha questo potere. Il regime di libertà fu creato in Italia tra il 1848 e il 1870 da una oligar– chia delle classi superiori. Durante i cinquant'anni che seguirono il Risorgi– mento, le classi inferiori raggiunsero gradualmente un livello morale, econo– mico ed intellettuale piu alto. Di conseguenza chiesero ed ottennero una parte di influenza politica ed economica sempre maggiore. Lo stesso Ferrero scrive che all'inizio di questo secolo "quelle tali trenta persone e quelle tali trecen– tomila famiglie " videro le classi medie e le classi popolari destarsi lenta– mente e cominciare ad esercitare la propria sovranità. Questo risveglio che, facendo irrequieto lo spirito pubblico, indeboliva la oligarchia dominante, mise capo alla legge del suffragio universale. (...) La guerra fu una rivolu– zione, perché, scuotendo le classi medie e le masse popolari, affrettò l'emancipazione del suffragio universale. Tutti ricordano le elezioni del 1919 e del 1921, in cui quelle tali trenta persone e quelle tali trecentomila famiglie videro per la prima volta - e il sangue gelò loro nelle vene - milioni di elettori votare secondo il proprio pensiero o capriccio. (...) Questa emancipazione del suffragio universale era un frutto che prima o poi doveva maturare. 7 Certamente la struttura politica italiana aveva dei punti deboli, e di questi si deve tener conto per spiegare il crollo delle istituzioni democratiche in Ita– lia. Come vedremo, l'opera del Parlamento era divenuta sempre piu deficiente. Ma il Parlamento è soltanto uno degli istituti della democrazia. Durante i cinquant'anni di regime libero, libertà di stampa, di parola e di associazione avevano insegnato ad una larga parte dell'elettorato a superare gli interessi per– sonali e i pregiudizi locali. Il popolo si andava interessando in misura sem– pre maggiore alla vita pubblica. Nel 1880 il giornale piu diffuso d'Italia ven– deva soltanto 25.000 copie al giorno; nel 1914 se ne vendevano 600.000. Tra 7 G. FERRERO, La democrazia in Italia, cit., pp. 17, 21-22. BiblotecaGino Bianco

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