Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Lezioni di Harva1·d: L'Italia dal 1919 al 1929 maggio del 1923, De Stefani, pur ammettendo che il deficit ereditato dal nuovo regime era "considerevolmente minore " di quello che era apparso nei bilanci del 1920-21 e 1921-22, ebbe il coraggio di dire: In coloro che tennero il governo o il controllo parlamentare della pubblica finanza nel– l'ultimo periodo che precedette la Marcia su Roma, era diffuso il senso della stabilizzazione del disavanzo, e pubblici documenti del tempo riflettono il travaglio di quelle anime per la coscienza che esse avevano della gravità del momento e della sproporzione delle forze ripa– ratrici. Queste forze furon·o create dagli umili (sic) volontari del nuovo stato. 4, I " documenti ufficiali " citati a prova di questa asserzione erano la relazione del sottocomitato parlamentare sul bilancio preventivo per il 1923 (presentata alla Camera il 28 giugno 1922), e il rapporto sulla situazione finanziaria fatto dal ministro del Te– soro, Peana, alla Camera nel luglio del 1922. Chi esamina questi documenti non trova in essi il minimo cenno di disperazione, e nemmeno " la coscienza della sproporzione delle forze riparatrici, " sebbene non ci si nascondano le difficoltà che ancora rimane-,. vano da superare. Ecco alcune opinioni di ministri ed esperti finanziari, negli anni che precedettero la marcia su Roma. Meda, ministro del Tesoro, disse alla Camera il 19 dicembre 1920: L'ottimismo sta (. ..) nella volontà di riparare, e nel convincimento che questa ripara– zione, oltreché doverosa, è possibile; perché la nostra situazione finanziaria risente gli effetti di una situazione economica anormale, che non è italiana soltanto, ma quasi direi mondiale, e che dovrebbe presumersi destinata a miglioramenti non troppo lontani; perché è giusto avvertire· come (. ..) l'esercizio 1920-21 (. .. ) segni un primo gradino di circa tre miliardi nella scala discendente del deficit. (... ) Nessuna illusione dunque (... ) ma nessuna depressione di spiriti e di attività. De Nava, successore di Meda al ministero del Tesoro, disse alla Camera il 26 luglio 1921: Non v'è dubbio che se questa cifra (il deficit) la paragoniamo a quelle molto pm pau– rose indicate negli esercizi precedenti, (. .. ) vi è ragione a legittimo compiacimento perché, con uno sforzo notevole, si è potuto profondamente modificare una situazione, che era sotto tutti gli aspetti allarmante e pericolosa. (... ) Ma se consideriamo in se stessa la cifra ( ... ) e la accompagnamo alla visione non lieta della crisi che (... ) colpisce le nostre industrie e i nostri commerci (... ) allora noi dobbiamo riconoscere che l'ora dei gravi disagi non è supe• rata, e che per alcuni esercizi dobbiamo temere un deficit di bilancio, che dovrà coprirsi me• diante il ricavato di debiti. Ma 1'8 dicembre 1921, calcolò che nel bilancio del 1923 il disavanzo sarebbe stato ridotto a non piu di 3 miliardi, come infatti avvenne. Il 12 luglio 1922, alla vigilia della marcia su Roma, Peana, successore di De Nava, correggendo le previsioni del suo prede– cessore, calcolò per il prossimo esercizio un disavanzo di 3 miliardi e 998 milioni. E aggmnse: Che nei maggiori centri finanziari del mondo non si considerino con preoccupazione le condizioni finanziarie ed economiche nostre, apparisce dal fatto stesso che numerose offerte di prestiti ci sono pervenute da gruppi bancari di primissimo ordine cosi di Inghilterra come di America. E se, per far fronte ai bisogni dello stato, il governo non ha creduto di accet– tare le offerte, per non aggravare con debiti verso l'estero la nostra bilancia commerciale, e per il nostro principio aes alienum aeterna servitus, ha però accolto favorevolmente tali ini– ziative, in quanto offrono nuovi capitali all'attività privata. I governanti ai quali De Stefani: nel maggio 1923, attribui una pusillanimità che era destinata a far risaltare l'eroismo fascista, riapparvero tre anni dopo come "parliamen– tary experts " in The Fascist Experiment di Luigi Villari: 4 L'opera finanziaria del Governo Fascista, discorso tenuto nel teatro della Scala in Mi– lano il 13 maggio 1923, Roma, 1923, p. 17. BiblotecaGino Bianco

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