Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La crisi del dopoguerra Gli effetti di questa sconfitta diplomatica ebbero una vasta portata. Nel 1914, l'Italia non aveva subito sul proprio territorio nessun attacco, a diffe– renza del Belgio e della Francia, e neppure si era trovata improvvisamente 1 impegnata nel conflitto e senza il tempo di riflettervi, con1e era accaduto alla Germania, all'Austria-Ungheria, all'Inghilterra e alla Russia. L'Italia per nove 1 mesi, dall'agosto del 1914 al maggio 1915, si era logorata a discutere se avrebbe dovuto o no intervenire nel con.flitto. Un paese dove per nove mesi si discute intorno al problema della guerra e della pace è inevitabilmente destinato a dividersi in fazioni contrastanti. Ciò è avvenuto negli Stati Uniti negli anni dal 1939 al 1941. Ed è quanto avvenne in Italia nel 1914-1915. I partiti ita– liani si divisero in " interventisti " e " neutralisti, " e tale divisione si man– tenne durante tutta la guerra. Finita la guerra, quando fu ripristinata la libertà di stampa e di parola, la polemica, che durante la guerra era stata soffocata, scoppiò con estrema vio– lenza. Quegli uomini politici e quei giornali che nel 1915 si erano opposti I all'entrata dell'Italia in guerra, adesso che il fallimento degli inviati italiani alla Conferenza della Pace appariva evidente, potevano vantarsi che essi ave– vano sempre avuto ragione, cercando di risparmiare al popolo italiano una guerra dalla quale non si era potuto trarre nessun profitto. Essi avevano pre– visto il " tradimento " dei " perfidi " alleati, e per questa ragione si erano opposti all'entrata dell'Italia in guerra al fianco di tali alleati. Responsabili del "disastro" diplomatico a cui si era esposto il paese erano ritenuti tutti coloro che erano stati favorevoli all'intervento in guerra. Ora era giunto per essi il tempo di render conto del loro misfatto. E come se ciò non bastasse, si dette il caso che fossero proprio gli uomini politici che avevano spinto l'Italia in guerra e quei giornali che avevano soffiato sul fuoco, che ora in ogni tqno andavano ripetendo ai quattro venti che il sangue di mezzo milione di morti e di mezzo milione di invalidi era stato versato invano, dato che i " perfidi alleati" non ci avevano dato la Dalmazia, l'Asia Minore, l'Etiopia e chissà mai cos'altro. Al popolo si era promesso che questa sarebbe stata l'ultima guer- ra, la guerra per porre fine a tutte le guerre, e che sarebbe stata assicurata la pace per i loro figli e per i loro nipoti. Ed ora, dopo tre anni e mezzo di so– . vrumane fatiche, a questo popolo si disse che esso aveva "vinto l_aguerra, ma ·perduto la pace," che l'America, l'Inghilterra e la Francia avevano "muti– ' lata " la vittoria, e che ci si doveva preparare per vendicare l'inutilità di que– sta guerra. Neppur il governo francese riusd ad ottenere alla Conferenza della Pace tutto ciò che voleva: non riusd ad ottenere che venisse tolta alla Germania la riva sinistra del Reno, né poté ottenere l'annessione della Saar, e neanche lo smembramento della Germania. Tuttavia il popolo francese non attraversò una crisi di disperazione e di esasperazione come quella che fece completa– mente perdere la testa a molti italiani. Poincaré, Clemenceau e Foch non si misero a proclamare al paese che la Francia era stata truffata della sua vit- .Sibloteca Gino Bianco

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