Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La rivoluzione che non ci fu vica; ma abbiamo la coscienza di aver fatto tutto ciò che si poteva per infrenare gli im– pazienti. (...) Resta, tuttavia, onore e vanto nostro l'aver impedito lo scoppio di quella rivoluzione, che dagli estremisti si meditava. Dopo, q1:1andonoi già avevamo avuto l'onore d'impedire la catastrofe della rivoluzione è venuto il fascismo. 15 bis Perciò Mussolini aveva buon giuoco, quando nel 1919-20 accusava i diri– genti del partito socialista di essere dei buoni a nulla cioè "rivoluzionari di cartapesta"; e i comunisti ·e gli anarchici, in Italia e fuori, non hanno torto quando accusano i vecchi socialisti quali Turati, D'Aragona, Treves, Modi– gliani ed altri di aver dato tutto il loro aiuto per rendere una rivoluzione im– possibile.16Ciò nonostante essi dovrebbero porre a se stessi la domanda: era comunque possibile la rivoluzione? e) Nella primavera del 1919 scese in campo un nuovo partito che si ado– prò energicamente per strappare le masse dal partito. socialista, specialmente nei comuni rurali. Esso prese il nome di " Partito Popolare " ed aveva un programma democratico-cristiano. In pochi mesi questo partito aveva rag– giunto una cifra di 1 .200.000 iscritti, di cui circa 920.000 erano contadini, mentre la Confederazione generale del lavoro, controllata dai socialisti, con– tava non piu di 750.000 lavoratori agricoli tra i suoi 2.150.000 iscritti. La propaganda fascista ha spesso accusato il partito popolare di essersi reso anch'esso colpevole di "bolscevismo agrario" nel periodo di "follia bol– scevica." Se ciò sta a significare che gli aderenti al partito popolare erano eccitati non meno dei socialisti, e che molti degli stessi organizzatori popolari si lasciavano andare facilmente a far promesse apocalittiche, l'accusa non è priva di fondamenti. Era la malattia del momento: ciascuno prometteva tutto a tutti: e Mussolini e i suoi seguaci piu di tutti gli altri. Ma il partito popolare divise in due le popolazioni rurali italiane. se· ciò non fosse avvenuto, nelle elezioni del 1919 i socialisti avrebbero vinto 250 seggi invece di 156. Le signore dell'aristocrazia e i grandi proprietari ter– rieri, gli industriali e i banchieri, che nel 1919 e nel 1920 patrocinarono il movimento popolare, non fecero male i loro conti. Essi prestarono i loro ca– pitali e la loro fede religiosa (adottata di fresco per l'occasione) al piu alto tasso d'interesse. E quando il cosiddetto "pericolo bolscevico," grazie anche agli sforzi del partito popolare, fu acqua passata, questi magnati si trovarono posseduti da una nuova religione, la "fede nazionale." Perciò abbandona– rono il partito popolare per trasferire denari e coscienza a servizio del movi– mento fascista, denominandosi "cattolici nazionali." E oggi poco genero- 15 bta Citato in Sempre!, Almanacco n. 2 (1923)_ di "Guerra di classe," Berlino, 1923, p. 47. [N.d.C.] 16 Si vedano le accuse mosse dagli anarchici e dai comunisti contro i socialisti riformisti e raccolte nel volume Sempre!, Almanacco n. 2 (1923) di "Guerra di classe," Berlino, 1923; LUIGI FABBRI, La contro-rivoluzione preventiva, Bologna, Cappelli, 1922, pp. u-19, fa parte della collezione " Il fascismo e i partiti politici italiani "; ARMANDOBORGHI, L'Italia· fra due Crispi, Parigi, Libreria Internazionale, 1924, pp. 125-296. ibloteca Gino'Bianco

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