Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia secoli divisa tra molti piccolissimi proprietari, i cui possessi nessuno pen– sava di disturbare, non foss'altro perché questi avrebbero caparbiamente resi– stito ad ogni tentativo di esproprio. Quanto agli operai delle industrie essi sapevano troppo bene, allora come ora, che la popolazione non ha di che vivere se non importa dall'estero tutte le materie prime necessarie alla vita di tutti i giorni: grano, carbone, ferro, benzina, rame. Il paese, privo del credito straniero per una rivoluzione co– munista, sarebbe alla fame in pochi giorni. Anche se una rivoluzione comu– nista potesse essere possibile, l'Italia sarebbe l'ultimo paese dove questa avrebbe possibilità di realizzazione. 14 Gli operai italiani non hanno mai perso del tutto il senso di questi dati di fatto e di ciò che essi implicano. Essi volevano far pagar cara la guerra ai ricchi che l'avevano voluta; si mettevano in sciopero per ogni capriccio; tiravano sassate contro le automobili, e alle elezioni votavano per i candidati socialisti; ma anche nei loro momenti peggiori un fondo di buon senso li trattenne sempre dal commettere atti assurdi e irreparabili. b) I piu vecchi e piu influenti deputati ed organizzatori nel partito socia– lista e nella Confederazione generale del lavoro - Turati, Modigliani, D'Ara– gona ed altri - riconoscevano l'impossibilità di una rivoluzione comunista. Essi ostentavano un linguaggio rivoluzionario, perché tale linguaggio fa parte del rituale d'obbligo della loro propaganda; inoltre, se avessero usato un altro linguaggio, sarebbero stati tagliati fuori dai " socialisti di guerra " e avrebbero perso ogni contatto con le plebi eccitate. Ma nei momenti critici si adoperarono costantemente per tenere a freno le teste calde, rimandare le soluzioni piu pericolose ed evitare battaglie di importanza decisiva. 15 Ludovico D'Aragona, segretario della Confederazione generale del la– voro, cosf diceva in un discorso tenuto a Milano nel settembre 1922 ai socia– listi riformisti: Noi siamo forse responsabili d'aver troppo concesso nel periodo della follia bolsce- . 14 quando nel settembre del 1920 arrivò in Russia la notizia che in Italia mezzo milione d1 operai avevano occupato le fabbriche, i comunisti russi celebrarono l'avvenimento come il tanto atteso inizio della rivoluzione italiana. Angelica Balabanoff - lei stessa ebbe a dirmi q;1est~ - _eh<: condivideva l'entusiasmo generale, una volta stava parlando con Lenin della s1tu~z1o~e 1tahana. All'improvviso, Lenin la interruppe dicendo: "Compagna, non vi ha mai colpito 1~ fatto che l'Italia non ha carbone? " In questo interrogativo il grande rivoluzionario compendiava tutto quanto c'era da dire contro il sogno di una rivoluzione comunista in Italia. • 15 _ Lu_igi Villari (op. cit., p. 79) afferma che era nel programma socialista " promuovere sc10per1 dei servizi pubblici allo scopo di disorganizzare la vita economica del paese nella spe– ranza che la fame avrebbe spinto le masse alla rivoluzione. " Se i dirigenti socialisti avessero avuto un " l?rogramma rivoluzionario " quale lo immagina questo propagandista fascista, se ne_ sarebbe vista traccia in qualche tentativo di coordinare gli scioperi che si sarebbero dovuti s~1luppare secondo un piano organizzato. Ma in realtà, gli scioperi avvennero in modo spora– ~1co e senz:i alcuna coordinazione. Quando si aveva uno sciopero di una certa importanza 10 qualche mdustria privata, o quando avvenivano disordini politici in una parte abbastanza es ~e.sa del_ J?aese, i servizi pubblici non scioperavano; quando qualche importante ramo dei pub– bhc1 serv1z1 proclamava lo sciopero, le industrie private restavano tranquille; lo sciopero dei postelegrafonici cessò quando si iniziava quello dei ferrovieri; scioperavano i centri urbani mentre rimanevano tranquille le campagne; gli scioperi si diffondevano nelle campagne quando nelle città erano già finiti. BiblotecaGino Bianco

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