Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

L'Italia dal 1871 al 1919 taglioni di "chasseurs" e 12 reggimenti di artiglieria. 9 Se i tedeschi avessero avuto un servizio informativo migliore e avessero attaccato in quel momento, avrebbero inflitto all'esercito francese una sconfitta che forse sarebbe stata irreparabile. Per due anni e mezzo gli italiani erano stati in guerra senza venire avviati in una campagna offensiva sul suolo nemico. Nel maggio e giugno del 1917, un tentativo di rompere le linee austriache era costato la perdita di 132.000 uomini, e nell'agosto e set– tembre un altro tentativo ci era costato la perdita di 148.000 uomini. 10 L'esercito francese, nell'aprile 1917, non ne perse piu di 112.000. I soldati francesi si ammutinarono per molto meno di quanto avrebbe giustificato una ribellione dei soldati italiani. Storici e critici militari concordano nel dare la responsabilità della sconfitta ai capi militari, e nell'affer– mare che lo sbandamento delle truppe avvenne nelle retroguardie, dopo che gli austriaci avevano rotto il fronte ed erano penetrati in profondità nelle linee italiane, dove non era stata apprestata nessuna misura difensiva. 11 La disfatta francese del 1940 non è stata altro che una Caporetto su scala enormemente piu ampia. Tuttavia in Italia, nel 1917, l'esercito italiano fermò l'avanzata austriaca, non appena fu possibile trovare una conveniente linea di difesa, il Piave, e prima che fosse arrivato un qualsiasi aiuto da parte inglese o francese. Ecco quanto un eminente storico ed uomo di stato inglese, Lord Tweedsmuir, che mod nel 1940 mentre era governatore del Canada e scrisse sotto il nome di John Buchan, ebbe a dire nella sua History of the Great War (IV, pp. 55 sgg.) su quanto successe in Italia dopo Caporetto: Davanti al pericolo lo spirito della nazione si sollevò energicamente. (. .. ) Nel paese tutti, o quasi tutti, affrontarono la crisi con grande forza d'animo. Si dimenticarono le dispute di partito, si recriminò poco o punto sulle passate manchevolezze, e ci si risolse a stringere le file, tutti uniti, per far fronte alla tempesta. Solo pochi estremisti, i quali vedevano di buon occhio il disastro, rimasero in disparte. (... ) Se i momenti di panico possono trovare giustificazione, questa deve valere per quelle molte miglia peréorse sotto un incubo, durante le quali la truppa venne sottoposta a una prova troppo sproporzionata al valore umano. Ma va a gloria eterna della Terza Armata il non aver ceduto. La ritirata deJla Terza Armata fu una di quelle azioni che si possono dire inesplicabili. Essa rese possibile agli italiani di fermarsi e privò il nemico del coronamento di quel successo che aveva già quasi raggiunto. ( ... ) La gloria maggiore va attribuita alla Cavalleria (... ) che caricò il nemico ininterrottamente, e gioiosamente si sacrificò perché Ja ritirata potesse guadagnare un'ora di tregua. Ci si deve fermare sul Piave. (. .. ) Mentre i:l Duca d'Aosta combatteva sul lato ovest, De Robilant calava dal Cadore e in tutta fretta si dirigeva verso il punto centrale del Piave. Verso il I o novembre. Cadorna aveva raggiunto completamente la linea del Piave e la ritirata aveva termine. Era stata condotta per intero dalle truppe italiane, e ad esse sole andava tutto il merito. (. .. ) I rinforzi alleati non potevano arrivare in linea subito, sebbene la certezza del loro arrivo semplificasse il problema delle riserve e sollevasse lo spirito degli italiani, e per diverse settimane la difesa del Piave fu opera degli italiani soltanto. (... ) Di tutto il fronte il punto piu cruciale era il massiccio del Monte Grappa. Riuscendolo a: conquistare, il nemico avrebbe potuto sfociare nella valle del Brenta e aggirare il fianco della difesa del Piave. ( ... ) Per tenerlo, si presero dai depositi e dai reparti ragazzi di sedici e diciassette anni, che spesso avevano un solo mese di adde– stramento. Nel momento in cui la loro patria sembrava agonizzante essi si gettarono dispera– tamente nella breccia. (. .. ) Nelle rimanenti settimane di novembre vi fu una lotta disperata, specialmente nella zona del Monte Grappa. I colpi fioccavano senza interruzione, colpi che coraggiosamente si cercava di evitare, e tuttavia le truppe italiane logorate dovettero lentamente ceder terreno. (... ) Fu soltanto il 4 dicembre che Plumer (comandante delle truppe inglesi) e Fayolle (comandante delle truppe francesi) resero possibile a De Robilant di concentrarsi sul Grappa. (. ..) La ritirata del Piave saldò l'Italia in un piu stretto sentimento unitario, e rin– novò quello spirito indomabile che era una delle eredità che le venivano da Roma. Ancora nel marzo 1918 gli inglesi e i francesi subirono una terribile sconfitta nella battaglia del " Chemin des Dames, " e dovettero ritirarsi per quasi 50 chilometri. Vice– versa, nel giugno 1918, gli italiani vinsero la grande battaglia del Piave, la prima vittoria 9 M. BERGERet P. ALLARD, Les se<#ets de la censure pendant la guerre, Paris, Editions de Portiques, 1932, p. 181, n. x. 10 L. CADORNA, La guerra alla fronte italiana, Milano, Treves, 1921, II, p. 97. u Cfr. N. PAPAFAVA, Badoglio a Caporetto, Torino, Gobetti, 1923; G. VOLPE, Ottobre 1')17: dall'Isonzo al Piave, Milano, Libreria d'Italia, 1930; E. CAVIGLIA, La dodicesima bat– raglia: Caporetto, Verona, Mondadori, 1934; R. BENCIVENGA, La sorpresa strategica di Capo– retto, Roma. Tip. della Madre di 1)io 1 1932; P. PIERI, La crisi dell'ottobre-novembre 1917, in " Nuova Rivista Storica, " marze-giugno 1.935, pp. 224-254. 311 iblotecaGino 1;3ianco

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