Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

,At,pendice C. Nuova luce sull'affare Matteotti era promosso procuratore generale presso la Corte di appello di Catania, e che il suo posto era assegnato ad Antonio Albertini. 6 Costui, che rese tutti i servizi che se ne aspettavano, diventò poi procu– ratore generale alla Cassazione, deputato fascista nelle elezioni del 1929, e poi sottosegretario alla Guerra, e finalmente senatore. Ormai la via era libera per i salvataggi. Albertini e Del Vasto divisero il ratto dall'omicidio. Rossi e Marinelli avevano dato mandato per un ratto, non per un omicidio. Quindi andavano amnistiati, e insieme con loro erano amni– stiati Filippelli, che aveva fornito l'automobile per il ratto e non per l'omici– dio, e Putato, che aveva fatto da palo al ratto, e non all'omicidio, e Thier– schwald che, studiando le abitudini di Matteotti, aveva partecipato alla prepa– razione del ratto e non dell'omicidio. Rossi, che non si fidava di Mussolini, subito dopo l'amnistia si rifugiò in Francia. Marinelli fu reintegrato nella carica di tesoriere del partito fascista, e il I gennaio 1926 fece parte della commissione che portò gli auguri del par– tito per capodanno al re; e questo sciagurato, che aveva ormai perduto ogni rispetto di se stesso, ci tenne a prendere notizie di quell'uomo in modo par– ticolare, e si fermò a conversare affabilmente con lui (Tribuna, 2 gen– naio 1926). Rimanevano in carcere coloro che non solo avevano eseguito il mandato di rapire l'uomo, ma l'avevano anche amn1azzato. Le prove erano state rac– colte nell'istruttoria da Del Giudice e Tancredi, e i quaranta volumi delri– struttor1a non potevano essere distrutti. D'altra parte sarebbe stato troppo scandalo amnistiare in camera di consiglio gli autori di un cos1 clamoroso omicidio. Un processo pubblico non si poteva evitare. Eppoi un processo rego• lare trasferiva dalla magistratura ai giurati la responsabilità di decidere che se cinque malviventi rapiscono un uomo, lo chiudono in un'automobile, e ve lo uccidono con una pugnalata, non volevano ucciderlo. In conseguenza gli autori immediati del delitto furono rinviati a giudi:z;io (1 dicembre 1925). Naturalmente bisognava disciplinare accusati, giudici, avvocati, pubblico. Ma nulla era piu facile che disciplinare la gente, in regime fascista. La Cassazione rese a Mussolini il favore di trasferire il processo da Roma a Chieti, piccola cittadina abruzzese, dove la disciplina poteva essere facil– mente organizzata. E il processo fu celebrato - si dice cosf - nel marzo 1926. Lo presiedette il giudice Giuseppe Francesco Danza. Costui, nel settem– bre 1913, era giudice a Lucera. Il giornalista napoletano Roberto Marvasi, direttore del settimanale Scintilla, lo accusò di aver designato come liqui– datore in un processo di bancarotta un sarto di pessima reputazione, che era . in relazione di affari col giudice stesso. Il sarto si querelò, ma il 18 gennaio 1,15, quando si doveva discutere la causa, non si presentò. Marvasi fu assolto senza che gli permettessero di provare la verità dei fatti; e nonostante che • Cfr. ~•Corriere della Sera " del 19 settembre e 6 ottobre I ga 5. 2 95 teca Gino Bianco

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