Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Appendice C. Nuova luce sull'affare Matteotti lo non sapevo se non ciò che i giornali avevano detto nei mesi precedenti: cioè non sapevo nulla. Ma era chiaro che Mussolini, pubblicando quel docu– mento, aveva messo Donati con le spalle al muro: o presentava la denuncia, o, non presentandola, cadeva nel ridicolo. Gli dissi: "Se non sei sicuro di quanto affermi, dichiara che quel documento non era che una bozza per tuo uso per– sonale, tutt'altro che definitiva, e protesta perché ti è stato sottratto e pubbli– cato contro la tua volontà. Ti troverai in una posizione debole. Ti metteranno in ridicolo. Ma il male è fatto, e non c'è altro rimedio. Se, invece, sei sicuro del fatto tuo, da' al documento la forma definitiva, e va' fino in fondo. Riderà bene chi riderà l'ultimo." Lui era sicuro del fatto suo, e andò fino in fondo. Ma aveva in mano poco o niente, e aveva tirato a indovinare. Con tutto questo, De Bono su un capo d'accusa non poté essere assolto che per insufficienza di prove. E quella insufficienza fu un successo indiscusso di Donati - il solo successo che ri– portò l'opposizione antifascista per il solo atto di coraggio che fu compiuto in quei mesi borgiani da chi avrebbe dovuto capitanare le opposizioni, e inve– ce se ne stette con le mani in mano. Ma leggendo dopo tanti anni la Cronistoria di Del Giudice, vedo che l'iniziativa di Donati salvò gli accusati da una sentenza della sezione di accu– sa, che li avrebbe rinviati tutti a giudizio per assassinio. Del Giudice e Tan– credi non facevano mai mettere a verbale qualsiasi accenno a Mussolini. Do– nati su-questo punto era stato informato dai testimoni suoi amici. Era quella l'unica via che i due magistrati avevano per evitare che l'inchiesta passasse al Senato. Essi accertavano le responsabilità dei mandanti immediati Rossi e Marinelli, e degli assassini. Se fossero risaliti a Mussolini, si sarebbero impe– gnati in un problema costituzionale che esulava dalla loro competenza. A questo doveva provvedere chi di ragione, dopo che le responsabilità imme– diate del delitto fossero state accertate. I senatori erano nella loro grande maggioranza deliberati a salvare Mus– solini, i piu per paura della " rivoluzione, " alcuni per corruzione innata. Due settimane dopo l'assassinio di Matteotti, il 26 giugno, 225 avevano votato la fiducia al Duce, 21 avevano votato contro e 6 si erano astenuti. Trasferire al Senato il processo era mandare per aria tutta l'opera di Tancredi e Del Giu– dice; era far conoscere agli amici di Mussolini le prove raccolte nell'istruttoria e permettere loro di preparare la linea di difesa in base a quei risultati. Quan– to alla discussione pubblica nell'alta corte di giustizia, su cui Donati contava, essa non ebbe luogo, perché la commissione istruttrice assolse De Bono in camera di consiglio, senza pubblicare né la requisitoria né la sentenza di assoluzione. Del Giudice racconta che il presidente della commissione istruttrice del Senato, Melodia, gli chiese che informasse la commissione sui risultati rag– giunti dalla istruttoria. Del Giudice rifiutò di rivelare quel segreto. "Ma è il presidente della commissione istruttrice del Senato che fa questa domanda. " "Le leggi procedurali non fanno distinzione di persona; nemmeno il capo 2 93 oteca Gino Bianco

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