Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia pate," accertarono il fatto con l'interrogare le due tortorelle, e lo contestarono a Rossi. Questi domandò che cosa c'entrava quella gita da scapolo con l'affare Matteotti. Del Giudice gli rispose che quella gita poteva far ritenere che lui, conoscendo quel che sarebbe avvenuto in quel pomeriggio, si era precostituito quell'alibi, e questo costituiva un nuovo indizio di colpevolezza. Rossi tac– que. Orbene, anche Marinelli, il 10 giugno, si era fatto vedere in Milano da chiunque avesse avuto voglia di vederlo. Ben sapendo quel che avveniva quello stesso giorno a Roma, l'uomo si costituiva cosf un alibi. Cesare Rossi non si costituiva nello stesso tempo un alibi a Frascati, ben conoscendo anche lui quel che bolliva in pentola? Con tutto ciò, non oserei dire che su questo lato del problema si possa avere una op1mone sicura. Lampante diventò ben presto la responsabilità di Marinelli. Costui, il 31 maggio, cioè dieci giorni prima dell'assassinio, aveva scritto al governatore. delle prigioni di Poggio Reale, a Napoli, domandandogli di rilasciare un carcerato, Otto Thierschwald (Del Giudice scrive "Thiersch-Wall "); e co– stui all'atto del rilascio ricevette l'ordine di recarsi a Roma, all'Hotel Dra– goni, e H mettersi agli ordini di un " Bianchi. " Qui ricevé dal " Bianchi " l'ordine di studiare le abitudini di Matteotti (interrogatorio Thierschwald, 23 giugno 1924). Ora "Bianchi" era né piu né meno che Dumini, e l'Hotel Dragoni era il quartier generale di Dumini e dei suoi complici venuti da Mi– lano per la bisogna. Marinelli era andato in persona a Milano a dar loro le istruzioni e a fornirli del denaro necessario per il viaggio. E se ne stette il 10 giugno, come abbiamo visto, a Milano a fabbricarsi l'alibi. Aldo Finzi, sottosegretario agli Interni sotto Mussolini fino al giugno 1924, confermò pienamente la deposizione di Rossi. Lui aveva spesso de– plorato con Mussolini le bastonature, i ferimenti, le purghe d'olio di ricino, i danneggiamenti, le distruzioni di edicole giornalistiche. Sempre invano. Aveva dovuto tollerare che Dumini e Putato si insediassero al ministero degli Interni e vi impiantassero una specie di agenzia di affari. Dai fondi segreti, per ordine di Mussolini, aveva versato una cospicua somma a Dumini ed Albino Volpi perché andassero in Francia ad espletare una missione segreta ad essi affidata da Mussolini. (Si trattava di una "lezione" da dare agli anti– fascisti di Parigi, nell'autunno del 1923.) Dopo Finzi fu interrogato De Bono, il 4 luglio. Del Giudice ci dice che costui depose di ·avere fatto arrestare, due sere dopo il delitto, Dumini e Pu– tato alla stazione di Roma, mentre partivano per Milano. E aggiunse che la · sera stessa, in cui aveva fatto arrestare Dumini, Cesare Rossi e Marinelli, in presenza di Mussolini, domandarono un appuntamento a De Bono e Finzi per "cose di somma importanza"; Mussolini dette a De Bono l'ordine di riferire. Nel colloquio a quattro, Rossi domandò: "Ma siete proprio risoluti a tenere in arresto Dumini e Putato? Badate a quello che fate ... Finiranno per parlare ... Diranno che è stato il Presidente che ha ordinato loro di rapire Mat– teotti." E De Bono: "Bada come parli." Allora Marinelli: "Sf, le cose BiblotecaGino Bia·nco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=