Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia giore Vagliasindi. Quando questo venne interrogato dalla Commissione, affer– mò che copie di questo e di altri documenti erano stati sequestrati dalla po– lizia durante una perquisizione della sua abitazione operata nella notte del 30 dicembre 1924, ed aggiunse: Ha spiegato essere copie in suo pugno dei documenti originali, che si è riservato di produrre, " solo quando avrà la precisa sensazione che la giustizia avrà il suo regolare corso e che contro di lui saranno eliminate le rappresaglie, a le quali da tempo è soggetto. " 33 Udita questa testimonianza, se i giudici avessero voluto andare in fondo alla cosa, che cosa avrebbero dovuto fare? Ovviamente avrebbero dovuto prima ordinare a Vagliasindi di produrre i documenti originali; quindi ri– chiedere alla polizia di presentare quelle carte che gli erano state sequestrate. 34 Invece di prendere queste misure ovvie, la Commissione, offesa dallo scetti– cismo di Vagliasindi sul regolare corso della giustizia, non si occupò piu della cosa. In tal modo superarono uno scoglio pericoloso. Ma rimaneva Vico Perrone, autore della lettera che la Commissione non si era presa la pena di trovare. Perrone si era rifugiato in Francia, e il 25 marzo 1925 sc~isse da Nizza sia a Mussolini che a De Bono, chiedendo di essere assolto da qualsiasi responsabilità circa l'aggressione di Amendola, dato che egli aveva semplicemente eseguito degli ordini. Il 15 aprile, scrisse da Nizza al presidente della Commissione senatoriale, dichiarando che la lettera di cui era in possesso Vagliasindi era autentica, e che si era presentato al consolato italiano a Nizza alle 13,30 del 30 marzo per mettersi a disposizione della Commissione. Gli spedi una copia della stessa lettera, da Milano, il 2 magg10 1925. La Commissione dimostrò nell'accertare le affermazioni di Perrone la stessa premura che aveva dimostrato con Vagliasindi. Si limitò a richiedere al console italiano a Nizza informazioni sul conto del Perrone. Naturalmente il console rispose che questo Perrone non l'aveva mai sentito nominare, e la Commissione, prendendo coscienziosamente nota di tale risposta, lasciò ca– dere la cosa. Quando De Bono venne assolto, Perrone protestò in una lettera del set– tembre 1925, che i giornali italiani non poterono pubblicare, ma che circolò _nella stampa clandestina. In tale lettera ripeteva di essersi recato al consolato il 30 marzo; il console non poteva smentire in modo assoluto di conoscerlo, dato che il 5 dicembre 1924 gli aveva dato il visto sul passaporto, e avrebbe potuto richiedere il suo indirizzo all'ufficio francese delle carte d'identità. " Se il console di Nizza non mi ha trovato - scrisse - è soltanto perché non mi ha cercato, e non mi ha voluto cercare." 35 Eliminata in tal modo la prova essenziale, il generale De Bono fu im- 33 Requisitoria Santoro. 34 Tra queste carte la Commissione avrebbe trovato la lettera di Guido Narbona del 24 novembre 1924. Vedi sopra, pp. 190-19r. 35 A. DE AMBRIS, Amendola, fatti e dociimenti, cit., pp. 27, 36,37. BiblotecaGinoBianco

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