Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia serata, entrando il presidente nella seduta del Gran Consiglio, lo informai che un telegramma del prefetto Ricci di Pavia assicurava che a Mortara non era successo nulla all'arrivo del Forni ferito, al che il presidente rispose: "Si ca– pisce, quando si bastona va sempre bene." Nella stessa seduta il presidente presentò un ordine del giorno che è riportato nel resoconto del Gran Consz·– glio pubbHcato sui giornali. In quest'ordine del giorno sz·diceva all'incz'rcache i· traditori vanno trattati da traditori. Aggiungo solo un particolare omesso riguardo all'aggressione al cap. For– ni: la sera del 12 o 13 marzo,8 cioè dopo il delitto, l'on. Mussolini presen– tava e faceva naturalmente approvare dal Gran Consiglio un o.d.g. pubblicato all'indomani dai giornali (perché trasmesso dalla "Stefani ") in cui si affer- · mava che "da qui in avanti i fascisti avevano il dovere di trattare i traditori da traditori. " Era in sostanza il suggello ufficiale che ministri e sottosegretari, compreso il guardasigilli on. Oviglio, davano all'aggressione recentissima. Sarà opportuno a questo punto illustrare il sistema di procedimento segui– to dal sen. De Bono quale direttore generale della P.S. Credo che il brevetto d'invenzione sia [che] quando si trovava al cospetto di delitti che turbavano la pubblica opinione, faceva arrestare - previo accordo con le temporanee vitti– me - qualche fascista che entrasse nel delitto come i soliti cavoli a merenda; ne conseguiva che di H a poco l'arrestato-compare, dimostrato il proprio alibi, veniva scarcerato e l'azione penale cadeva nel nulla. Tutto ciò era facile gra– zie al cumulo delle cariche che ricopriva il sen. De Bono, direttore generale di P.S. e comandante in capo della M.V.S.N.; in un primo tempo il De Bono in camicia nera organizzava il trucco con i fascisti idonei al caso, in un se– condo tempo il De Bono in redingotte (o piu volgarmente con le manette) arrestava i finti rei, mentre alternando altri tempi faceva mettere al sicuro i responsabili, imbrogliando poi la magistratura con i suoi rapporti o con quelli dei suoi dipendenti. Qualcosa del genere dovette essere combinato in seguito all'uccisione di un prete nel ferrarese e dell'operaio massimalista Piccinini a Reggio Emilia,° perché in entrambi i casi fu troppo pronto a far arrestare i suoi militi. Mi pare di ricordare che un graduato della M.V.S.N. arrestato per l'uccisione del prete fu poi dovuto prosciogliere. Dopo l'aggressione dell'on. Amendola, l'on. Mussolini aveva finito per divertirsi un mondo sulla sorte delle indagini, sicché era ormai uso di chie– dere al rapporto quotidiano al solerte ed ingegnoso direttore generale di P.S.: " Ebbene, quanti cittadini romani sono stati fatti riconoscere ieri a quel po– vero commerciante di Via Capo le Case?" Alludo ad un signore che soccorse l'on. Amendola e vide quindi gli aggressori. Le ... febbrili indagini finalmente furono troncate grazie all'altra oscura trovata che confuse e persuase perfino 8 12 marzo 1924; vedi sopra, p. 187. . 9 Il prete era Don Minzoni, parroco di Argenta (vedi sopra, pp. 166-167, 170). Per ;i>1c– cinini vedi sopra, pp. IIO, 166. È questo il solo punto in cui la memoria dello scrittore viene meno. Gli uomini arrestati alcuni giorni dopo il delitto lo avevano effettivamente commesso. BiblotecaGino Bianco

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