Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia dentro una ~acchina e subito dopo la uccidono, questo non prova che gli aggressori la volevano uccidere, ma solo che intendevano rapirla per alcuni giorni, e che se decisero di ucciderla fu perché· questa era stata tanto teme• raria da protestare e lottare troppo rumorosamente. 111 Sembra che non sia mai entrata nella testa di questo retto giudice l'ipotesi che gli ordini di ucci• dere fossero talmente precisi che si pensò bene da parte di uno dei membri del– la banda di uccidere la vittima immediatamente, per porre fìne alle sue grida. Questo onesto giudice non considerò neppure per un attimo che una tale ipotesi, quale era la sua, avrebbe dovuto essere discussa pubblicamente da– vanti ad una giuria, come parte della causa. Egli era talmente sicuro di avere scoperto la verità che propose alla sezione di accusa di accogliere immediata- · mente le sue supposizioni senza rinviare alla Corte questa parte della causa. Allora quale era stato il motivo del rapimento? Solo un pazzo avrebbe potuto ordinare che venisse rapito - e niente di piu - un uomo che era suo nemico, che era odiato, temuto, e che non sarebbe mai venuto a patti. Il 24 ottobre 1925, Mussolini in persona si prese il disturbo di rispondere a tale quesito, in un articolo firmato sulla rivista mensile Gerarchia: L'involontarietà di quanto accadde è ormai storicamente, giudizialmente documentata e stabilita. ( ...) La verità è che la beffa del giugno (1924) diventò orribile tragedia, indi– pendentemente, anzi, contro la volontà degli autori. I giudici della sezione di accusa non potevano far altro che pensare allo stesso modo del presidente del Consiglio. Il 1 dicembre 1925, emisero una sentenza secondo la quale Dumini e i suoi compagni non avevano l'inten– zione di uccidere Matteotti, ma solo di toglierlo di mezzo per un po' di tempo. Quindi il delitto non era stato premeditato. Se il delitto era stato non premeditato, ne seguiva che Dumini non aveva ricevuto nessun ordine di uccidere; quindi l'ordine era stato di rapimento; quindi coloro che avevano dato l'ordine erano soggetti alle pene previste per il rapimento e non per l'omicidio. Ma l'ordine di rapimento era stato dato per motivi politici; quindi il delitto era politico. Tutti i delitti politici, ad eccezione dell'omicidio premeditato, erano coperti dall'amnistia. Quindi il processo contro Rossi e Marinelli era estinto ed essi vennero rilasciati. 112 1ll Tra gli elementi di prova in base ai quali il pubblico ministero trasse le sue conclusioni, egli considerò di estrema importanza " una lunga catena con due lucchetti, " trovata il 13 giugno nella stanza di Dumini. Dumini dichiarò che gli occorreva " per legare le valigie nei suoi viaggi. " (Interrogatorio del 14 giugno 1924.) Non si trovò nessuna prova che la catena fosse mai stata nella macchina. Ma il 'pubblico ministero affermò che essa si trovava nella macchina, e che doveva servire per incatenare il prigioniero: quindi l'intenzione era di rapire Matteotti e non di ucciderlo. ili! Luigi Villari, alludendo a questa amnistia nella " Review of Reviews, " marzo:april~ 1926, scrive che insieme a molti condannati fascisti " hanno beneficiato dell'amnistia molti anti– fascisti, tra cui il professor Salvemini. " Non mette in rilievo che sarebbe stato impossibile con– cedere una amnistia solo a Dumini e Marinelli, e che era quindi necessario includervi anche gli antifascisti. Io mi trovavo tra questi. Ero stato arrestato sotto l'accusa di essere stato uno dei possibili collaboratori di un fog-lio clandestino antifascista. Il propagandista non si fa scru: polo di mettere le accuse contro di me, a proposito delle quali l'amnistia non mi consei:iti dt difendermi, sullo stesso piano del delitto commesso da assassini appartenenti al suo partito, e amnistiati dal governo di quello stesso partito. BiblotecaGinoBianco

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