Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La rivoluzione che non ci fu vano acquistato il gusto del comando e di una vita avventurosa. Una volta tornati alle loro case, non si sapevano riadattare al lavoro monotono di un impiegato postale, di un commesso o di un travet. Scontenti e affamati, si immaginavano rivoluzionari, bighellonavano per le città, divorati dall'ozio, scontenti di se stessi, del loro prossimo e del genere umano. Spiriti visionari ed inquieti, assetati di avventure, essi erano capaci di azioni eroiche come di spaventosi delitti, facendosi provocatori di rivolte fintanto che non avevano di che vivere, ma pronti a mutarsi nei piu violenti tipi di reazionari, non appena avessero raggiunto una sistemazione. Molti di loro si erano mescolati con il movimento socialista ed erano chiamati "socialisti di guerra"; altri, nel 1919 e '20, formarono i primi nuclei dei Fasci. Alla testa dei peggiori disordini che si sono avuti negli ultimi nove anni si trovano "socialisti di guerra" e fascisti. Nel pieno di questa generale inquietudine si in.filtrarono i propagatori del bolscevismo, che predicando in favore di scioperi generali e locali, per l'occupazione delle fabbriche e della terra, per il sabotaggio e l'ostruzionismo, speravano di spianare il terreno per la "dittatura del proletariato." A tutte queste cause della nevrastenia del dopoguerra, ne rimane da aggiungere ancora una, la peggiore. Non era ancora finita la guerra che gli alti comandi dell'esercito e della marina e il ministero degli Esteri, si dettero a organizzare una propaganda sistematica per convincere il popolo italiano che il presidente Wilson e i governi alleati di Francia e d'Inghilterra stavano derubando l'Italia dei frutti della vittoria; quindi, poiché il governo non po– teva realizzare integralmente il programma di espansione territoriale che era considerato necessario, tutti i sacrifici sostenuti in guerra erano stati fatti in– vano. Gli autori di questa campagna di isterismo, come i nazionalisti e i fa– scisti che ne erano gli agenti, speravano in tal modo di mantenere in vita lo spirito di guerra del popolo italiano e di esercitare una pressione sul presi– dente Wilson e sui governi alleati durante le interminabili trattative di pace. Ma né Wilson né gli alleati fecero alcun conto di queste minacce e tutto quanto ottennero gli alti comandi e il ·ministero degli Esteri fu di mettere in uno stato di parossismo una gran parte dei ceti medi e degli intellettuali. Fu cosf che si produsse quello stato d'animo dal quale scaturf l'impresa di D'An– nunzio a Fiume nel settembre 1919; e fu cos1 che si alimentò nell'esercito lo spirito di sedizione che rese il governo incapace di eliminare gli elementi di· disordine. Una politica tanto miope ebbe risultati disastrosi sulle classi lavoratrici. Dopo averli spinti in uno spaventoso conflitto che era du.rato tre anni e mezzo contro la loro volontà, dopo averli delusi di tutte le promesse che si eran fatte loro, adesso si diceva agli italiani che il loro sangue era stato versato invano. Neppure il governo francese, alla Conferenza della Pace, riusd ad otte– nere tutto quanto _desiderava, ad esempio l'annessione immediata della ·Saar, la occupazione permanente della riva sinistra del Reno, lo smembramento s BiblotecaGinoBianco

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