Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Il diritto di uccidere funzionario che evidentemente non conosceva le disposizioni. [Dato che stavo un po' meglio], decisi senz'altro di partire. Saputo questo, il Questore mandò agenti a casa mia e rinnovò personalmente le mi– nacce all'avvocato perché rimanessi a casa. Andarono alle dieci di sera dai miei cognati ad insistere perché mi convincessero. [Mio cognato rispose che agivo di mia volontà, e che lui non poteva far nulla.] Visto che tutto era inutile, ci avvertirono che ci avrebbero tolti 1 passaporti. Ma ormai ero decisa. E la notte del 2 maggio partimmo. Dopo 14 ore di viaggio arrivai a Chieti il 3 col mio ragazzo ed i cognati. Ero in condizioni pietose per l'agitazione e la stanchezza fisica. Le Assise brulicavano di fascisti in camicia nera. Dal Presidente all'ultimo giurato tutti portavano il distintivo. Il pubblico nell'aula era composto esclusivamente di fascisti, la maggior parte venuti da Firçnze. [Quando l'on. Fera, avvocato della difesa, mi vide, rimase del tutto sorpreso. Persino il Presidente pensava che non mi sarei presentata. Mi chiese dove fosse il mio avvocato. Gli risposi che non avevo avvocato e che non ero piu parte civile.] (...) Dietro invito del Presidente raccontai la terribile scena della notte del 3 ottobre. [Cosf feci.] . Quando il Presidente mi chiese se non avevo nulla da aggiungere, io mi accingevo a dire alcune parole sulla crudeltà del delitto e sulla figura di mio marito, quando fui in– terrotta dal rumore altissimo degli avvocati, del pubblico e. degli imputati. Allora rivolta al Presidente gli gridai: "Come, non volete nemmeno che dica chi era mio marito?" Il Presidente impose silenzio e mi permise di parlare. [Chiesi ad Ermini perché avesse ucciso mio marito. Non potevo capire la ragione di questo malvagio delitto. Non potevo capire come un uomo tanto buono, onesto e lavoratore poteva avere attirato su di sé un tale odio da provocare la sua morte.] "Non pensasti che uccidendo lui ne ammazzavi tre? [E quanti cuori hai ferito?] Non pensasti che mi strappavi la cosa piu santa e piu sacra della mia vita? Non sapevi che era padre? Ed ora, vedi, vivo d'angoscia e non trovo piu pace in nessun luogo. Ma ti auguro che continuamente la tua coscienza sia tormentata e la giustizia divina piombi su di te. [Hai vilmente ucciso un uomo che stava dormendo in pace con la sua famiglia. E era un mutilato di guerra.] " Alle diverse domande risposi esattamente come avevo risposto a Firenze. Per un'ora dovetti sostenere con grande energia gli attacchi dei difensori, che cercavano in tutti i modi di imbrogliarmi e di farmi perdere il filo del discorso. [I giudici mi dissero che io avevo firmato una deposizione affermando che persone del mio rione mi avevano mostrato delle fotografie dell'Ermini. Dissi che non era vero e che tale documento era falso. Mi chiesero se mio marito avesse mai appartenuto alla massoneria. Risposi che aveva sempre appartenuto al Partito socialista. Siccome avevo riconosciuto Ermini in una fotografia, l'avvocato della difesa si alzò agitando una fotografia dicendo: "Ecco la fotografia iden– tificata dalla signora Pilati. " Ma essa non mi fu mostrata. Mi resi conto che si trattava di un trucco, e dissi che se non era la fotografia dell'Ermini voleva dire che quella vera era stata cambiata. Di qui nacque una certa confusione.] · L'on. Fera mi domandò se l'Ermini lo avevo riconosciuto dalla bocca o dal naso, o . dal colore degli occhi, ecc. Risposi che lo avevo riconosciuto dalla faccia, perché le per– sone si riconoscono dalla faccia. Esasperata poi, comprendendo il gioco dei difensori ed il contegno passivo del Presidente, mi alzai· gridando: "Voi profittate di una donna amma– lata, commossa e senza avvocato. Voi profittate della vostra forza," e· feci l'atto di uscire. L'on. Fera, allora, rivolgendosi al Presidente esclamò: " Sf, sf, liquidiamola, liqui– diamola. " " Liquidatemi pure - replicai - ma co~fermo tutto quello che ho deposto al Tribunale di Firenze. Se lo volete condannare, l'assassino eccolo H, se non volete con– dannare, ci sarà un Dio che farà di lui giustizia! " Tutti allora si misero a far baccano. Quando si riusd a portare un po' di calma, il Presidente mi domandò se riconoscevo tra gli imputati l'assassino. Non aveva ancor finito che io, puntando l'indice contro l'Ermini, gridai: "Eccolo H, il quarto della prima fila... " "È proprio lui," riconobbe il Presidente. BiblotecaGino Bianco

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