Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia Luporini, avevano condotto le squadre che parteciparono alle violenze com– messe dal 26 al 29 settembre, assumendosene pubblicamente la responsabilità, sono assolti. Il 30 giugno 1926, il fascista Gino Lecci è assolto dall'accusa di aver partecipato alle violenze del 4 ottobre. Il 27 ottobre 1926, sei fascisti accu– sati di violenze commesse a Badia a Ripoli, sono assolti per non aver com– messo il fatto o per insufficienza di prove. 56 Il 19 novembre 1926, otto fascisti sono assolti dall'assassinio di Becciolini per insufficienza di prove; due soli sono condannati, ma essi vengono dichiarati dai giudici colpevoli non di assas– sinio, ma di " lesioni gravi. " 57 Becciolini non era stato ucciso, ma ferito gra– vemente; poi era morto di suo. Il 1 dicembre 1926, in Camera di consiglio, furono assolti dodici fascisti imputati in relazione ai fatti di Firenze; furono rinviati a giudizio quattro fascisti implicati nell'assassinio di Pilati, altri sette implicati nell'assassinio di Consolo, nel tentato assassinio di Cozzi, nel sac– cheggio e incendio di un negozio, di due studi legali, un laboratorio di sarto e una abitazione privata. Il 16 maggio 1927, tutti questi "bravi" vennero assolti. 58 Pilati e Consolo quindi erano stati assassinati da "persone ignote." La vedova <;liPilati 59 ci dà un'idea dei metodi che furono seguiti nel corso del procedimento istruttorio. Il giorno 8 ottobre, mentre dopo le impressioni di quei giorni ero ancora a letto malata, fui interrogata dai funzionari della polizia che volevano una descrizione degli assassini. Mi presentarono la fotografia di un certo Castellani, insistendo perché lo rico– noscessi per uno degli sparatori. Dissero tra loro che avendo il Castellani diciannove omi– cidi sulla coscienza, poteva aver compiuto anche questo. Io però dissi che dalla fotografia non mi sembrava, ed aggiunsi che era inutile si sforzassero a trovare i colpevoli; la giu– stizia ormai non contava piu niente, e le stesse autorità, se non avessero obbedito agli ordini dei fascisti, le avrebbero prese. Era meglio smettere la indecente commedia. Il man– datario era troppo in alto per essere raggiunto dalla legge. (Intendevo alludere al console Tamburini, che era allora il " padrone di Firenze. ") Il giorno 9 venne il giudice istruttore Gesmundo, con il cancelliere, e dopo le solite domande, mi chiese se veramente Mussolini era stato amico di mio marito, perché, dissero, " Mussolini aveva patito tanto alla notizia della sua morte. " Risposi che eran stati amici quando eran compagni di partito, e che se Mussolini avesse serbato per lui un certo affetto, non l'avrebbe fatto assassinare; perché indirettamente il responsabile era lui. Per alcuni giorni continuarono a venire a casa mia dei funzionari mostrandomi fotografie e vestiti perché li riconoscessi. E per tre mesi fui poi chiamata assai spesso in Tribunale e messa a confronto con dei detenuti. Ma non rico– nobbi nessuno. Dopo le feste natalizie fui, alle Murate, messa a confronto con un certo Pàoletti. Dichiarai che c'era una certa somiglianza con lo sparatore. Alcuni giorni dopo fui messa a confronto con Ezio Narbona. Lo riconobbi dalla voce e dalla figura per quello che aveva sparato. Lo stesso giudice mi assicurò che quello doveva esser stato uno degli sparatori. Fui messa a confronto anche con uomini piu anziani, ma dichiarai di non riconoscere nessuno; quelli che avevan fatto irruzione nella nostra stanza erano molto gio- 56 "Avanti!, " 25 ottobre 1926. 57 " La Nazione, " 20 novembre 1926. 58 " Corriere della Sera, " 17 maggio 192 7. 59 Per il raccontQ della vedova di Pilati si è tenuto presente sia il testo pubblicato ne "La Libertà," Parigi, 24 luglio 1927, sia quello ripubblicato da Salvemini in Non Mollare, cit., pp. 28-31, 36-41, pressoché identico al precedente; ma questi due testi non coincidono del tutto con quello dato qui, che se è identico nella sostanza si differenzia in diversi particolari, e che deve corrispondere ad una differente versione, di cui Salvemini non dà la fonte. Siamo stati quindi costretti a tradurre le parti non coincidenti. [N.d.C.] 180 BiblotecaGino Bianco

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