Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia nacciato, tra l'altro, a ragione della mia causa. "Egli è sicuro - dice il resoconto - che non appena i tuoi nemici sapranno che sei tornato, entreranno in azione cogliendoti di sorpresa prima che il giudice istruttore ti abbia messo a confronto con i tuoi assalitori, e ti consiglieranno di non riconoscerli sotto pena... di ogni sorta di rappresaglie. " Tempe– stini non aveva neppure osato di mandare avanti la causa. Partii per l'Italia la sera del 18 dicembre 1924, essendo stato invitato a comparire il mattino del 19. In quel momento il regime fascista sembrava del tutto scosso per l'indignazione che il delitto Matteotti aveva sollevato. Pensavo che avrei potuto ottenere giustizia. Fui interrogato dal giudice istruttore, ma, per quanto sembrasse disposto a fare del suo meglio, i suoi sforzi non poterono arri– vare a molto. Frontini, che aveva sostituito Tempestini, ebbe lo studio devastato il 31 dicembre 1924. Gli fu impossibile trovare dei testimoni. Il giudice istruttore non poté neppure rintracciare il poliziotto al quale ero stato consegnato dai fascisti; evidentemente la polizia era in perfetto accordo col Fascio. Una signora che era stata testimone dell'aggres– sione al Ponte S. Trinita, non osò presentarsi. Insistetti che il giudice interrogasse mio figlio e lo mettesse a confronto con gli aggressori. Il giudice obbiettò che era difficile e quasi impossibile operare confronti, dicendo: "Lo potremo sentire al processo." "L'ordi– ne deve essere venuto da Roma," disse. Mia moglie chiese al giudice come mai la depo– sizione di suo figlio non era stata ascoltata. Il giudice la guardò con meraviglia e rispose: "È meglio per lui, povero ragazzo! " Un altro giudice disse: "Se sapeste in mezzo a quali difficoltà facciamo il nostro lavoro! " Rimasi in Italia dal dicembre 1924 al marzo 1925. Essendo sottoposto a continua sorveglianza e minacce, ritornai in Svizzera. 7 Ancora piu sbrigativo fu il giudice istruttore nel caso seguente: Nel settembre 1922 - scrive Labriola - pochi giorni prima che i fascisti andassero al governo, i fascisti di Giugliano, un piccolo centro vicino a Napoli che faceva parte dello stesso collegio elettorale che io rappresentavo alla Camera, mi avevano proibito l'in– gresso in paese. Del fatto si era dato avviso mediante manifestini posti sui muri di tutto il collegio elettorale. Sebbene i fascisti allora non fossero al potere, le autorità non presero nessuna misura. A me la notizia giunse per telegramma nel modo seguente: "Labriola, Napoli. Ordine emanato dai fascisti di Giugliano: in alto i manganelli contro Labriola. Firmato, Giuseppe Cante, Segretario. " Il giudice istruttore aprf un'inchiesta e mi inter– rogò. Mostrai il telegramma che portava la firma. Il magistrato chiuse l'inchiesta, affer– mando che l'autore della minaccia era "persona ignota, " sebbene il Cante fosse per– fettamente conosciuto e tuttora vivo. 8 Fu "persona ignota" che, nell'ottobre 1924, bastonò Don Grandi, par– roco di Preta (Piacenza), in modo tale che mor.i'.all'ospedale di Piacenza il 19 ottobre 1924. L'Osservatore Romano del 22 ottobre 1924, organo vati– cano filofascista, riportando la notizia della morte, osservava: " ... altri 36 sacerdoti nella stessa provincia furono vittime di simili aggressioni. " Que– ste bastonature venivano ordinate dal deputato fascista Barbiellini, ras di Piacenza e dintorni. I fascisti di una località venivano mobilitati per pic– chiare gli antifascisti di un'altra, e in tal modo era difficile identificarli. Il fascista Lertua, prima di essere ucciso perché divenuto fascista dissidente, aveva dichiarato che anche la bastonatura di Don Grandi era stata ordi– nata da Barbiellini. 9 7 Cit. trad. 8 "Review of Reviews, " settembre-ottobre 1927. 9 Il fatto venne reso noto durante il pubblico processo per l'uccisione di Lertua. BiblotecaGino Bianco

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