Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Il regno del manganello anni. Frattanto il commissario governativo continuava le vendite all'asta di tutto quanto apparteneva alle cooperative, senza alcun consenso dei soci. Il 25 marzo furono venduti i bovi della " Cooperativa Agricola" ai bottegai e ai proprietari terrieri, che li rivende– rono con un profitto enorme. Il caso della proprietà Spada dà un'idea di ciò che suc– cede. Questa terra è stata tolta alla cooperativa che l'aveva in affitto ed è stata affidata ai dirigenti fascisti, che alla loro volta l'hanno subaffittata agli operai affamati ad un prezzo enorme. Le autorità hanno reso quasi impossibile alla povera gente di ottenere medicine o assistenza sanitaria, e banno chiuso arbitrariamente gli istituti di carità che m Italia corrispondono a quello che è la Poor Law in Inghilterra. Chi dirigeva la lotta contro gli operai socialisti · era il segretario del Fascio, Augusto Regazzi. Prima di raggiungere la presente gloria come dirigente fascista, Regazzi era stato condannato a quindici giorni di pri– gione per percosse e ferite, ed era stato accusato (ma rilasciato per man– canza di prove) di frode in rifornimenti militari. Il 9 agosto 1923, condusse una spedizione punitiva contro la famiglia del contadino Pietro Marani. In tribunale il padre di Pietro descrisse il fattaccio: Quel pomeriggio io e la mia famiglia, composta dei miei tre figli, di mia moglie e di due nuore, attendevamo ai lavori agricoli. Improvvisamente, verso le 18,30 udii gli scoppi del motore di un'automobile che si fermò davanti alla casa di certi Mainardi e dalla quale discesero i fascisti. Noi, prevedendo una delle solite spedizioni punitive, ci chiudemmo in casa. Poco dopo giungevano una quarantina di fascisti, che ritengo fos– sero armati di fucili o di rivoltelle, perché spararono ripetutamente. Uno di essi ci intimò di uscire, dicendo che volevano accopparci. A tale ingiunzione noi resistemmo, rispon– dendo che la loro pretesa era ingiustificata e che eravamo in casa nostra. Intanto, facendo seguire i fatti alle parole, quelli tentavano di scardinare la porta e una finestra. I miei figli si erano armati degli arnesi da lavoro, ma furono nella impossibilità di usarne. Impotenti a sostenere la violenza degli aggressori, ci rifugiammo al piano supe– riore. Ma i fascisti salirono sul tetto e, scoperchiatolo e sfondato il soffitto, si diedero a scagliare nell'interno pezzi di tegoli; per cui, in preda a grande spavento, ci nascon– demmo tutti sotto i letti. Nella stanza dove avvenne il delitto eravamo io e mia moglie sotto il letto matrimoniale in compagnia del figlio Augusto. Pietro era nascosto sotto un letto· piu piccolo. . Mentre continuava a cadere la pioggia di rottami dal tetto, la porta d'ingresso cedeva lasciando libero il passo agli assalitori. Infatti dopo pochi istanti quattro individui entra– vano nella camera dove noi ci nascondevamo. Tra essi non potei in un primo momento riconoscere che Domenico Bucchi, il quale buttò per aria il lettino sotto il quale si era rifugiato il mio Pietro. Allora un altro fascista, che riconobbi per il Regazzi, lasciò par– tire il colpo che uccise quasi sull'istante mio figlio. (...) Un rombo di automobile, lan– ciata a corsa precipitosa, ci avvertiva che gli aggressori si dileguavano. 74 La vedova dell'ucciso raccontò il fatto cosi: Udite le intimazioni dei fascisti, impressionata, presi in braccio il figlioletto di 19 mesi, rifugiandomi al piano superiore, nella camera di mi~ cognata, anch'ella in preda al terrore. Cominciata la demolizione del tetto, ci rifugiammo sotto i letti, tenendo stretti al petto i bambini, i quali per poco non furono soffocati- dal polverone sollevato dalle ma– cerie. Improvvisamente, sentii sparare due colpi d'arma da fuoco e pochi istanti dopo udii la voce di mia suocera che gridava: " Hanno ucciso Pietro I " Facendomi coraggio, presi 7 • " Corriere della Sera, " 28 febbraio 1925. [N.d.C.] 1 43 B1blotecaGino Bianco

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