Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Il regno del manganello Ferrara e di Bologna e dal Veneto pagando ai nuovi venuti salari supe• riori ai salari normali per ridurre quelli del luogo alla fame. Fin qui nulla che non rientrasse nei diritti dei proprietari impegnati in una lotta economica con gli operai. Il 12 settembre 1922 la guerra poli• tica fu iniziata. I fascisti cominciarono a mettere tutto a fuoco e a ruba. Il giorno dopo la "marcia su Roma ,, occuparono i locali di tutte le orga– nizzazioni, compresa la biblioteca popolare, e vi insediarono i loro uffici. I dirigenti delle organizzazioni socialiste •dovettero fuggire per scampare alla morte. Gli agrari pubblicarono un manifesto per annunziare che avreb– bero dato lavoro solamente agli operai appartenenti ai "sindacati,, fascisti. Nel marzo 1923 due giornalisti inglesi, Mr. Aubrey Waterfìeld e✓sua moglie, avendo udito vagamente parlare delle cooperative di Molinella e delle lotte tra fascisti e socialisti, e che l'intera popolazione di Molinella era passata sotto la bandiera " nazionale, ,, ebbero la curiosità di andar sul luogo e fare un'inchiesta. Bisognava essere inglesi per concepire e portare a termine una impresa simile. Questo è il resoconto della visita, mandato dalla Waterfìeld all'Observer del 18 marzo 1923: Avevo sentito parlare di Molinella, una cittadina distante circa 30 km. da Bologna, ove aveva dominato il sistema cooperativo. Nazionalisti ed altri mi avevano parlato di Massarenti, "il barone rosso, " "il tiranno" socialista di Molinella. Avevo avuto l'im– pressione che si trattasse di un uomo notevole. Avevo letto nel Resto del Carlino delle lotte tra i fascisti e i seguaci di Massarenti. Era mio vivo desiderio andare personalmente sul luogo. Parlai di questa intenzione al dott. Cacciari, capo del Sindacato fascista del– l'agricoltura, che mi aveva dato un interessante resoc.onto della sua nuova organizza• zionè. Mio marito mise da parte i quadri per studiare il " sindacalismo nazionale " e decise di accompagnarmi. "Ecco il paese del dolore, " disse sul treno il conduttore, additando una: lunga fila di case, un campanile storto ed una torre medievale piantata in mezzo ad una vasta distesa coltivata a grano e a riso., " Tutto è quieto ora che ci sono i fascisti? " "Una notte si e una no, vi sono guai: è un brutto posto," rispose in tono lugubre. Attaccai discorso con alcune contadine. Queste, con la cortesia consueta negli ita- liani, accolsero volentieri il mio suggerimento che sostassimo da loro. I fascisti ci dissero poi che noi ci eravamo imbattuti proprio con le famiglie dei dirigenti socialisti. A 001 parvero della gente di campagna rispettabile e lavoratrice. " Ho sentito dire che Massarenti, il barone rosso, è un ladro, vi ha sfruttato e ora non si cura nemmeno di mostrare il viso tra voi. È vero questo? " domandai. "No," gridarono tutte. "È una bugia. Gli vogliamo bene." " Fate parlar lei, " dissero alcune donne spingendo avanti una delle loro compagne. Togliendosi di capo il pesante sciallo nero, che le ricadde come un cappuccio, stese la mano verso di me e disse: "Massarenti è stato il nostro parroco, il nostro benefattore. Se lo vedete, ditegli questo da parte nostra: ditegli che il proletariato non lo abbandonerà mai, mai; ditegli che mangeremo l'erba della strada piuttosto che entrare nel sindacato . fascista. " Per un poco nessuno parlò. Il silenzio era rotto dai singhiozzi di alcune donne. Una vecchia, curva e sparuta, si fece avanti barcollando: "Siamo schiavi qui ora. Pic– chiano i nostri uomini coi manganelli, e anche le donne, e noi dobbiamo stare -a guardare." Bussarono violentemente alla porta. " I fascisti, " mormorarono le donne, ma nes• iblotecaGinoBianco

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