Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista in Italia 4. Quando non cz sono rappresaglie. Dopo l'attentato Zaniboni del 4 novembre 1925 per uccidere Mussolini o meglio, dopo che la polizia ebbe ritenuto opportuno di rendere noto urbi et orbi che Zaniboni aveva preparato un piano per attentare alla vita di Mussolini - il governo fascista affermò sulla stampa italiana e straniera, che Mussolini aveva dato ordine ai prefetti di impedire ogni rappresaglia. E Farinacci, segretario generale del partito fascista, ebbe il coraggio, in un discorso ufficiale, di congratularsi del fatto che, in osservanza agli ordini di Mussolini, dopo la notizia dell'attentato non si era verificato nessun inci– dente: prova della disciplina eroica che regnava nelle file fasciste. Sta di fatto che a Brescia diversi studi di avvocati e diversi uffici furono saccheggiati e incendiati e altrettanto avvenne alle tipografie di due giornali; inoltre si bastonarono parecchie persone. A Parma, l'ex-ministro popolare Micheli fu ridotto in fin di vita a ba– stonate. Gli uffici dell'ex-deputato Albertelli, dell'avvocato Candian, di due altri avvocati, di un notaio e di un ingegnere furono saccheggiati; analoga sorte toccò al negozio di un droghiere, e la clinica del dott. Braga venne distrutta. A Padova, l'avvocato Nogari fu bastonato e ferito gravemente. A Este, diversi studi di avvocati e una dozzina di negozi furono saccheg– giati, e altrettanto avvenne allo studio dell'avvocato Garbagni a Milano. A Forli, i fascisti approfittarono dello stato di eccitazione per fare una dimostrazione contro il prefetto, che era accusato di scarsa energia nei con– fronti della massoneria, e fu gettata una bomba contro la sua abitazione. A Trieste, i fascisti bruciarono la tipografia del giornale sloveno Edinost, e saccheggiarono le abitazioni degli avvocati Ara e Samaja, e del colonnello Finzi. A Reggio Emilia, i fascisti aggredirono e bastonarono il chirurgo Alberto Furno, mentre questi stava rincasando in automobile dal suo giro di visite. Riuscito ad arrivare a casa e temendo un'altra aggressione di maggiore vio– lenza, il Furno si nascose nella cantina di una drogheria vicina, che apparte– neva a tale Ancesti. I fascisti lo scoprirono, lo bastonarono finché non videro scorrere il sangue, e lo rinchiusero nella cantina; poi dettero fuoco all'edificio dove era posta la drogheria. Uno di loro, meno feroce degli altri, liberò il povero dottore e lo accompagnò alla stazione perché scappasse. I pompieri, . giunti per spegnere l'incendio, furono aggrediti e costretti ad andarsene. Dal giovedf alla domenica vi fu in città un vero e proprio pogrom. L'abitazione del comandante Montanari, segretario della cassa di risparmio, fu assediata, e fu grazie a un amico che egli poté scappare. L'ingegner Magnavacchi ebbe un braccio rotto. Un dipendente della cooperativa Volta Moncasale fu ferito gravemente da un colpo di rivoltella, e moltissima gente fu bastonata e ferita piu o meno gravemente. La polizia si dichiarò incapace di ristabilire l'ordine, n8 BiblotecaGino Bianco

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