Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

Il regno del manganello Nazione - che arrivavano dalla campagna o facevan parte della feccia citta– dina, si abbandonavano in tutta libertà al saccheggio. Una di queste bande era partita la mattina presto da Pontassieve, e arrivò a Firenze alle 8 di mattina. Qui si associò a un buon numero di "eroi" fiorentini. La loro prima impresa fu il saccheggio del negozio di macchine da scrivere "Underwood" in Piazza Vittorio Emanuele, di proprietà dei fratelli Breschi; e il saccheggio del ne– gozio di proprietà dei fratelli Fini, in Via Cerretani. Verso le 10,30, si impa– dronirono di un autobus in Piazza del Duomo, ne cacciarono i passeggeri, e obbligarono il conducente ad andare in Via della Mattonaia; qui saccheggia– rono la casa del ragionier Carrer. 29 Altre bande saccheggiarono la sartoria Rossi, in Via Tornabuoni, e riten– tarono di sfondare la porta di casa Pieraccini, che resisté ancora. Una signora che si trovava a Firenze cos{ scrisse in una lettera in data 4 ottobre 1925, che ora è davanti ai miei occhi: Uscii per andare a vedere quali danni fossero stati fatti. Lei non si può immaginare la scena. Le imposte scardinate, i vetri rotti, tutta la roba resa inutilizzabile in una die– cina di botteghe. La casa di Baldesi completamente devastata: per fortuna le donne erano state avvertite e avevano fatto in tempo a scappare. Un appartamento in via della Mat– tonaia e un altro in via dell'Ariento hanno ricevuto lo stesso trattamento: tutti i mobili scaraventati dalle finestre - le stoviglie, e perfino un piano e una bicicletta - tutto nel mezzo dLstrada dove gli han dato fuoco. 30 Verso sera queste masnade erano ancora in giro in periferia, sparando in aria colpi di rivoltella, adoprando i manganelli senza economia, e inti– mando alla gente di andare a casa. 30 bis Il resoconto ufficiale dei fatti del 6 ottobre 1925, il solo che i giornali italiani abbian potuto pubblicare, afferma che i morti furono quattro: il fasci– sta Luporini, e gli antifascisti Becciolini, Pilati e Consolo. Ma tale resoconto non dice tutto. La signora Pilati cos1scrive nella sua relazione: Dopo la morte di mio marito, due persone amiche di famiglia si recarono all'ospe– dale per visitare la salma. Dei fascisti armati le accompagnarono fin dinnanzi alla camera mortuaria, la cui porta mezza fracassata non si poteva aprire. Dopo un quarto d'ora poterono entrare ed un orrendo spettacolo si presentò ai loro occhi. La camera mortuaria era sporca, brutta ed imbrattata piu di un porcile. Su una tavola giaceva la salma di mio marito coperta da un panno e vicini erano altri quattro cadaveri vestiti. Erano cadaveri di operai con gli abiti imbrattati di calcina. Quei quattro disgraziati dovettero essere stati assassinati nella stessa notte del 3 ottobre. Nessuno ne ha mai saputo niente, sièché gli uccisi dopo la morte del Luporini sarebbero stati sette. 31 ~ Uno di questi " eroi " era già stato condannato. per furto a cinque. ,:n<;sidi reclu.si <?ne, :.,aonche a tre mesi per porto d'armi abusivo; assolto, m processo per om1c1d10, per leg1tt1ma ~ifesa. Un altro era stato processato per furto, ma amnistiato. Un altro, fallito nel 1924, venne imputato di violenze carnali, ma assolto per tardiva presentazione della querela di parte .. U~ •ltro, condannato per truffa semplice. Un altro ancora iu condannato una volta a 25 g10rm ter oltraggio, ed ha riportato condanne per rapina e lesioni. "La Stampa," 25 novembre 1925. 80 Cit. trad. 30 b1■ Vedi Nota A alla fine del presente capitolo. 11 " La Libertà, " 24 luglio 1927. [N.d.C.] neo 117

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=