Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista tn Italia piena notte che la sua casa era circondata, cercò di nascondersi nell'apparta– mento di un vicino; fu scoperto; quello che l'aveva ospitato fu picchiato in modo selvaggio, lui ucciso, e il suo corpo crivellato di ferite abbandonato in un campo. Non servirebbe a niente andare avanti con questa spaventosa elen– cazione di atrocità. Fu una vera orgia di sangue. 2 Il giorno dopo, un impiegato delle ferrovie, Angelo Quintaglié, fu ucciso nel suo ufficio per avere deplorato il massacro del giorno prima. Sua moglie, in una lettera all'Avanti! del 26 luglio 1924, ci dà il seguente resoconto del– l'assassinio: Mio marito era un antisocialista, ma era un uomo di cuore. Aveva per nove anni, nell'arma dei R.R.C.C. servito la Patria ed il Re, il quale anzi gli aveva personalmente concesso un encomio solenne per il suo contegno eroico nella lotta contro il brigantaggio (...). La mattina del 19 dicembre 1922, mio marito chiese arrivando in ufficio ad un certo Gallegari, un manovale fascista, dove il giorno prima avevano condotto il Berruti. Il Gallegari rispose: lo abbiamo ammazzato. Mio marito deplorò che si fosse ucciso un padre di famiglia ed aggiunse le parole che qualunque galantuomo avrebbe dette. Il Gallegari senza rispondere si allontanò dall'ufficio. Dopo meno di un'ora arrivarono sei camicie nere della squadra " Campiglio, " disponendosi due alla porta d'ingresso, una nel cortile per minacciare colla rivoltella chiunque si affacciasse alle finestre, una al tele– fono e due irruppero nella camera dove si trovava mio marito insieme con i suoi col– leghi (...) gridando: mani in alto! I sei uomini sorpresi al lavoro (...) non poterono che ubbidire. - Chi è Quintaglié, che ha deplorato l'uccisione di Berruti? - I sei uomini interdetti non fiatarono. - Se non dite chi è Quintaglié, spariamo contro tutti e sei. - Quintaglié sono io, disse allora mio marito. Fu la fine. A calci, a manganellate, a revol– verate, lo fecero stramazzare in una pozza di sangue, innanzi agli altri cinque impie– gati (...). Mio marito che era un uomo forte e coraggioso, tentò di reagire, ma un'ultima revolverata all'addome lo immobilizzò. Non morf subito. Fu trasportato all'ospedale dove tra strazi inenarrabili, mori il 23 successivo, angosciosamente domandandosi perché il Gallegari lo avesse cos( crudelmente tradito. Il caporione fascista, Brandimarte, in una intervista pubblicata dal Se– colo il 20 dicembre 1922, dichiarò che lui stesso aveva ordinato e organizzato queste rappresaglie per infliggere una terribile lezione ai rivoluzionari torinesi. Ne furono scelti ventiquattro - egli disse - da una lista di trecento rivoluzionari, e affidati alle migliori squadre punitive. Un giornalista osservò che l'elenco ufficiale dei morti ne segnava sola– mente quattordici. Brandimarte nspose: Gli altri cadaveri saranno restituiti dal Po, se cos( vuole, e altrimenti si troveranno nei fossi, negli avvallamenti o nelle boscaglie sulle colline intorno a Torino, ad ecce– zione di due che sono fuggiti. 3 Villari di questi fatti dà la seguente vers10ne: 2 F. REP~cr, La Strage di Torino, Milano, Società Editrice Avanti, 1924. Nel dicembre del 1922 nessun g10rnale osò pubblicare la cronaca di questi fatti, per timore che i fascisti deva– stassero i locali. Ma nell'estate del 1924, dopo il delitto Matteotti, l'ondata di rivolta morale nel. paese rese per alcuni mesi i fascisti impotenti. I giornali approfittarono di questo breve periodo di libertà per riportare molti dei delitti sui quali sino allora avevano dovuto osser– vare un forzato silenzio. Nessuna delle affermazioni di Repaci è stata contraddetta o smentita. 3 Citazioni tradotte. BiblotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=