Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo I

La dittatura fascista zn Italia ferrovie, poste e telegrafi, depositi di armi, e sedi di giornali. 132 Fu una regola osservata da tutti. Quando alle ore 10 del mattino del 28 ottobre il presidente del Consi– glio, Facta, si recò dal Re per ottenere la firma del decreto di stato d'assedio, il Re esitò. Facta - uno dei maggiori idioti di tutti i tempi e di tutti i paesi - fu ancora piu esitante del Re. In quel momento e·gli stava negoziando con i fascisti per raggiungere un co1npromesso amichevole, e "nutriva fiducia" che le cose si sarebbero accomodate da sé. Il Re si attaccò a questi negoziati come un uomo che sta per annegare si attacca a un filo di paglia: finché c'era speranza per un'intesa amichevole, perché proclamare lo stato d'assedio? Il gabinetto avrebbe fatto bene a riesaminare la questione. Facta quindi fece ritorno al Consiglio dei ministri. I ministri rimasero fermi su quella che era stata la loro prima decisione. Facta ritornò dal Re con il decreto; il Re si rifiutò di firmarlo. Nel frattempo, un gruppo di nazionalisti e di fascisti, e certamente alcuni alti ufficiali del– l'esercito e della marina, avevano parlato con lui, assicurandolo che· l'esercito s1 sarebbe rifiutato di combattere i fascisti. 133 La notizia che il Duca d'Aosta si trovava coi f,~_scisti, pronto ad assumere la corona del cugino non appena il Re l'avesse lasciata cadere, dette la spinta finale. L'annuncio ufficiale che "il Consiglio dei Ministri ha deciso la proclamazione dello stato d'assedio in tutto il territorio del Regno a partire da mezzogiorno del 28 ottobre" fu dira– mato alla stampa dalla agenzia Stefani alle 10,20 del 28 ottobre. A mezzanotte e un quarto l'agenzia Stefani annunciò che il decreto di stato d'assedio era stato ritirato. 134 Una volta revocato il decreto di stato d'assedio, gli uomini politici e i capi militari che avevano consigliato il Re di non firmarlo misero avanti il nome di Salandra come quello dell'uomo piu adatto per formare il nuovo 132 Le corrispondenze da Siena, Firenze, Piacenza, Cremona, Vicenza, Alessandria, Ve• rona, Mantova, Bologna, nel " J:>opolo d'Italia " del 28, 29 e 31 ottobre, testimoniano tutte che le cose andarono nello stesso modo: le autorità civili consegnarono i poteri; dopo di che i fascisti si impadronirono degli uffici pubblici, mentre le autorità militari se ne stavano passi– vamente in disparte. Un componente della squadra fascista, che il 28 ottobre occupò i nodi ferroviari di Cancello e Caserta, scrive: " Si era sparsa la voce che i carabinieri volessero tentare il forzamento della linea, e perciò siamo rimasti al posto, con una scatoletta di carne in conserva e una pagnotta per lauto cibo per tutta la giornata. I carabinieri, calunniati a tòrto, non sono venuti. È venuto, invece, un capitano del Commissariato militare, il quale ci ha donato, inneggiando a Mussolini, un camion carico di ogni ben di Dio. " (P.N.F., Pagine eroiche della Rivoluzione Fascista, Milano, 1925, p. 319.) 133 " Contemporaneamente diverse persone fecero capire al Re che uno scontro tra l'eser– cito e i fascisti sarebbe stata una cosa molto grave, di cui non si potevano prevedere le con– seguenze. (. .. ) Il consiglio di alcuni capi militari .decise il Re a rifiutarsi di firmare " (L. STURZO, Italy and Fascism, cit., p. 119). Don Sturzo a quel tempo era a Roma e aveva notizie di prima mano su quanto succedeva dietro le quinte. 134 Devo le mie informazioni sul comportamento del Re e del gabinetto, a tre fonti che, sebbene indipendenti, concordano sotto ogni aspetto: a) Giovanni Amendola, che nell'ottobre 1922 era ministro, e col quale ebbi in proposito una conversazione nel novembre del 1924; b) un amico di Taddei, che nell'ottobre 1922 era ministro degli Interni, e al quale Taddei (ora deceduto) aveva fatto un racconto preciso di quegli avvenimenti; e) un senatore, amico personale del Re, di cui, date le attuali condizioni dell'Italia, non posso fare il nome; d) Al– berto Cianca, ora in esilio a Parigi, che fu egli stesso un testimone oculare degli avvenimenti di Roma, e che come direttore del quotidiano romano " Il Mondo" era in continuo contatto con Amendola. 100 BiblotecaGinoBianco

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