Gaetano Salvemini - Scritti sulla scuola

L'organizzazione degli insegnanti e la scuola italiana all'inizio del secolo accettasse le idee dell'Ufficio, considerando "come cos1 ridotta la legge, si evitano le piu spinose controversie e gli ostacoli piu gravi che avrebbero potuto ritardarne l'approvazione." Per tal modo ci sembra d'aver proposto al Senato una legge semplice e chiara che provvede alle necessità presenti e lascia impregiudicate tutte le questioni di riforme e riordinamenti futuri; persuasi come siamo che ogni riforma nell'insegnamento dev'essere studiata accuratamente nei fini e nei mezzi prima di essere accolta; che ogni nuova istituzione scolastica deve essere presentata in tutto il suo organismo per poterne fare retto giudizio; e che non ogni mutamento è progresso, perché progredire nelle cose morali e civili non può essere altro che perfezionare. Messosi per questa via - che era quella del buon senso e della buona volontà - l'Ufficio del Senato poté in breve terminare la sua relazione e la presentò il 10 gennaio 1888; e avendo il Ministro opportunamente accolto le idee dell'Ufficio, la legge fu approvata dal Senato, dopo aver attraversato, anche cosi semplificata, una lunga e vivace discussione: e poté essere presentata alla Camera il 7 febbraio 1888. Ma purtroppo, anche cos1 semplificata la legge aveva sempre un gravissimo difetto: volendo nello stesso tempo migliorare le condizioni economiche degl'insegnanti e perequare gli oneri degli enti locali nei contributi per l'istruzione secondaria, sopprimendo alcuni istituti, fondandone altri, addossando ai Comuni e alle Provincie in nuove proporzioni una parte della spesa totale, sconvolgeva mille interessi consolidati e soprattutto eccitava contro di sé le città e le provincie, che si vedevano danneggiate dalla nuova legge; e già cominciavano a fioccare alla Camera le petizioni favorevoli e contrarie: e la Deputazione provinciale di Udine chiedeva che il disegno fosse respinto, perché "gravava di nuove spese i bilanci provinciali," mentre il comune di Piedimonte di Alife invocava che il progetto passasse, perché cos1 s'immaginava di doverci guadagnare un ginnasio: nella quale batracomiomachia gl'interessi delle scuole e degli insegnanti non entravano affatto! Presentata la legge alla Camera, gli Uffici di questa - chi sa _quanti deputati pensavano con angoscie paterne alla spopolata scoletta del capoluogo elettorale! - si scandalizzarono della timidità del Senato: Sta bene, fu detto, l'equiparare i gravami dei Comuni e delle Provincie e togliere di mezzo le leggi locali e aumentare lo stipendio degl'insegnanti: tutte buone e belle e utili cose che la giustizia e la prudenza consigliano insieme; ma non bastano; bisogna, che è tempo, provvedere al miglioramento didattico delle nostre scuole secondarie, e piuttosto che proseguire nella vana enumerazione dei mali dar mano pmnta ai rimedi (Relazione Martini). La Commissione eletta dagli Uffici ebbe, dunque, il mandato di escogitare una grande e coraggiosa, non che pronta riforma scolastica. E si mise al lavoro con tale prontezza che solo dieci mesi dopo, il 13 dicembre 1888, poté presentare una relazione in cui era spettacolosamente rigon56 BibliotecaGino Bianco

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