Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Movimento socialista e questione meridionale sto fu il federalismo di quella che sarebbe dovuta essere la rivoluzione post- fascista. · Se io cerco oggi di rappresentarmi quale idea mi facessi della "regione" fra il 1899 e il 1902, credo di poter affermare che per l'Italia meridionale non pensavo a quel regno di Napoli o a quel regno di Sicilia che esistevano al tempo borbonico. E non erano neanche quelli, che negli annuari di sta– tistica erano chiamati "compartimenti." Se si fosse trattato, per esempio, di quel compartimento, a cui gli annuari davano il nome di "Puglia," quel giovane non si sarebbe mai sognato di associare sotto un'unica amministra– zione regionale la provincia di Foggia (regione "Capitanata"), la provincia di Bari (regione "Terra di Bari") e la provincia di Lecce (regione "Terra d'Otranto''}: obbligare un cittadino di Foggia o di Otranto ad andare a Bari a trattare col governo regionale un affare che lo interessasse, sarebbe parso il massimo degli assurdi. Ma non c'era altro al di là di questa vaga idea negativa. I costituenti del 1946-47 non ebbero della "regione" un'idea piu chiara che quel giovane, mezzo secolo prima, ma attaccarono alla cie– ca la Capitanata con la Terra di Bari, e le tre province calabresi in una "regione," Calabria, che non aveva né nella storia amministrativa nessun precedente, né trovava nella geografia nessuna giustificazione, e tutte le province siciliane in un'unica regione, di cui quelle orientali non sentono nessun bisogno: Se la regione non era definita, l'autonomia comunale era ben definita, ed era domandata come libertà necessaria immediata e primo gradino ver– so quel federalismo "regionale" che rimaneva nel vago. L'autonomia co– munale era la rivendicazione, su cui i "partiti popolari" avrebbero dovuto immediatamente concentrare le loro forze. La questione meridionale era adesso esaminata nell'insieme. E ritor– ·navano a campeggiarvi la piccola borghesia intellettuale, alla quale il gio– vane non poteva pensare senza disprezzo, e il proletariato ·agricolo, il quale, quando fosse diventato padrone degli Enti locali per mezzo del suffragio universale, e non fosse stato impastoiato dall'accentramento amministrativo, avrebbe trovato la strada per portarsi al livello del proletariato settentrionale. Allora mi era del tutto ignoto il pensiero di Giustino Fortunato. Que– sto può parere incredibile. Ma occorre tener presente che Fortunato raccolse i suoi scritti sul Mezzogiorno e lo Stato ùaliano non prima del 1910. In tutto il trentennio precedente stampò i suoi discorsi parlamentari e i suoi studi in poche copie, che distribuiva gratuitamente, da gran signore, fra gli amici. Io conobbi personalmente Giustino Fortunato non prima del 1909; e solo nel 1910 mi si rivelò in tutta la sua originalità e genialità il pensiero çli quell'uomo singolare. Lo avessi conosciuto dieci anni prima, quanta mag– giore ricchezza di informazioni e quanto minore ottimismo mi avrebbero accompagnato nel trattare una materia, che era da lui ben piu profonda– mente conosciuta che da me. Non mi sarei limitato, per esempio, nel 1897 a scrivere che l'Italia meridionale non era tutta paese di latifondi, ma una BibliotecaGin9 Bianco

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