Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Movimento socialista e questione meridionale sero le condizioni per una industrializzazione spontanea. Allora si do– vrebbe lasciare agli ortolani pugliesi la cura di badare ai fatti loro. I piu autorevoli chimici americani sono persuasi che non è affatto im– possibile captare la energia solare e applicarla per ricavare acqua dolce dall'acqua salata del mare. Quando fosse assicurata al terreno una suffi– ciente dotazione d'acqua, l'Italia meridionale entrerebbe in una nuova storia. Il sole dissociato dall'acqua fa il deserto; associato all'acqua fa i giardini. La malaria ormai è vinta. Basterebbe allora che le donne pro– ducessero meno figli: e questo verrebbe da sé col maggiore benessere eco– nomico e col diffondersi della cultura, reso possibile da quel maggiore benessere. Ritornando al 1954, le verdure primaticce sono esportate nell'Italia settentrionale. La linea ferroviaria lungo l'Adriatico e i carri frigoriferi rendono possibile quel movimento. Nel 1953-54 sono stati spediti vagoni d'insalata persino in Francia, che normalmente ne esporta essa stessa in grande quantità: le piantagioni erano state là rovinate dal gelo. Il commercio di esportazione richiede una non agevole organizzazio– ne, perché la merce è facile a deteriorarsi per inaspettate vicende stagio– nali o per ritardi o per disguidi ferroviari. I produttori non possono badare essi stessi anche a queste necessità: per provvedervi si specializzano com– mercianti esportatori: Costoro vanno direttamente agli orti con autocarri, prelevano gli ortaggi, li preparano per il viaggio, e nella giornata stessa li mettono in ferrovia. Esportatori di Bitonto, Ruvo, Bisceglie vanno ad acquistare ortaggi nel territorio di Molfetta; esportatori molfettesi si spin– gono fino a Taranto, Brindisi e Lecce. Naturalmente, molta parte dei profitti resta nelle tasche degli esportatori: uno di essi - si dice - nel- 1'anno 1953-54, che fu eccezionale, guadagnò 50 milioni. Ma una quota non disprezzabile dell'introito rimane agli ortolani. L'ortolano, che lavora a salario, guadagna da lire 1400 a lire 1500 al giorno. Nell'ottobre, in quei pochi giorni, in cui si fanno le piantagioni, il salario sale fino alle 2000 lire giornaliere. Ma bisogna essere qualificati per quel particolare lavoro. Generalmente l'ortolano è proprietario su quel mezzo ettaro o quarto di ettaro che coltiva. Orto e frazionamento della proprietà sono interdi– pep.denti. "1613 proprietari si dividono 443 ettari di terreno, e sono quasi tutti ortolani. Un cavolo, una lattuga, un carciofo debbono essere piantati uno per uno, curati giorno per giorno, innaffiati, difesi dai parassiti, se– guiti dal seme alla maturazione; il coltivatore deve curare ogni pianta come un bambino. Siffatto lavoro individuale non può essere affidato né a macchine, né a squadre. Socializzate (poco importa se sotto un capitalista o sotto un "Governo") le terre a orti (o a fiori), e ucciderete la orticultura (e la floricultura ). Un partito socialista (o comunista), che volesse occuparsi di questi lavoratori, - non precisamente proletari, ma lavoratori e come! - occu- 660 BibliotecaGino Bianco

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