Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Molfetta 1954 parsene, dico, non per sfruttarli elettoralmente promettendo il paradis9 m terra, ma per condurli verso forme di convivenza civile superiore, po– trebbe promuovere tra essi cooperative per acquisti delle migliori sementi e dei concimi chimici e per la vendita dei prodotti (eliminazione degli in– termediari). Ma un organizzatore che in una società capitalistica riesca a mettere insieme un migliaio di piccoli coltivatori per cooperare, deve es– sere un eroe, SG non pensa che i guadagni da lui procurati ai cooperatori coi suoi servigi potrebbe intascarli lui stesso, facendo l'intraprenditore per conto proprio. Uomini come Nullo Baldini e Giuseppe Massarenti furono un'eccezione anche al Nord, sulla fine del secolo passato e sul principio di qu~sto; temo sieno assai piu difficilmente reperibili oggi: i contadini meridionali hanno fatto molte esperienze di cooperative fallite, e perciò la loro diffidenza verso gli "uomini in colletto bianco" è estremamente difficile a vincere. È da sperare che dopo aver imparato a leggere e scri– vere, imparino anche a "tenere i conti," e a sorvegliare chi tiene i conti, e soprattutto a cooperare liberamente: pratica, la quale riesce a formars~ con molta difficoltà. Quanto ad una cooperazione coattiva imposta dall'alto, tutto sta a vedere se si troveranno i funzionari che non facciano rimpiangere quei tecnici della cooperazione volontaria che scappavano una volta con la cassa. Quanta parte della classe lavoratrice sia disoccupata, non è facile sa– pere. Al 31 luglio 1954 erano schedati 5000 disoccupati nella sola classe dei marittimi. Ma si tratta piuttosto di in.occupati che di disoccupati: spe– cialmente mozzi in attesa di primo imbarco. Legalmente sono disoccupati, ma aspettando il loro turno piu anni si industriano in attività di tutti i generi: fabbri, falegnami, elettricisti, commercianti di sigarette contrab– bandate, carrettieri, sarti, barbieri: povera gioventu che fa il miracolo di vivere, non avendo nessuna certezza di vita. Per l'agricoltura, commercio, industria, ~redito ed assicurazioni, l'Uf– ficio del lavoro dà cifre che oscillano fra le 1000 e le 1500 unità. Gli alti e bassi sono dovuti specialmente alla disoccupazione stagionale dei conta– dini. Ma è opinione comune che le cifre siano gonfiate dall'Ufficio del lavoro per dimostrare la propria necessità. La prefettura dà al Comune di Molfetta da 5 a 600.000 lire mensili per sussidi ai disoccupati; e il Co– mune ha stanziato 7 milioni per il 1953. Questa carità ufficiale ai disoccupati è nella Italia meridionale una nuova spaventosa forma di corruzione che si è aggiunta a quelle che già esistevano. Il disoccupato o sedicente disoccupato si prende il sussidio e se ne resta a ruminare straccamente la propria miseria. I cantieri-scuola sono strumento, forse peggiore, di degradazione morale. Questo non è guaio della sola Italia meridionale: se Messene piange, Sparta non ride. Il problema, non della disoccupazione, ma della inoccupazione gio– vanile nelle classi popolari (oltre quello della disoccupazione intellettuale, a cui accenneremo dopo) è il vero problema sociale in questo centro pu- 661 BibliotecaGino Bianco

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