Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

La Mafia del Nord no, fuggono dalle asfissie dei loro ambienti nativi. E quelli che rimangono, molte volte cominciano a vent'anni con buone intenzioni, ma finiscono a trent'anni anch'essi con andare a giocare a tressette nei circoli dei civili. Oppure si dedicano ... alla filosofia. Tengono sulla punta delle dita Giorda– no Bruno, Tommaso Campanella, Giovan Battista Vico, Giovanni Bovio, Giovanni Gentile, Benedetto Croce. Ma nessuno si occupa di quanto succe– de, putacaso, nell'ufficio del lavoro del suo paese, dove la povera donnic– ciola che va a domandare il sussidio di disoccupazione, o il certificato di miserabilità per il marito infermo, o la pensione per la vecchiaia, è trattata come il cane in chiesa, e dopo un anno che ha presentato le carte le dicono che le carte non si trovano: e nessuno prende quegli impiegati cialtroni a coltellate, come avverrebbe in Romagna e perciò la povera gente in Roma– gna è rispettata. Sarebbe il caso che il Vinci, dopo aver compilato questo libro sulla mafia del Nord, si mettesse ad esaminare le malefatte della mafia meridio– nale nel suo proprio medesimo paese: studiasse, per esempio, quel che av– viene là negli uffici comunali, o nell'ufficio del lavoro, o nell'agenzia delle imposte. Badi però, che se intraprendesse studi di quel genere, si trovereb– be morto dopo una settimana ad un angolo di strada; e chi gli farebbe la festa non sarebbe un mafioso del Nord: sarebbe un mafioso del Sud, dietro al quale si nasconderebbe un "galantuomo" idem; e il delegato di Pubbli– ca Sicurezza locale non verrebbe neanche a sapere che su quell'angolo di strada è stato trovato un morto ammazzato. È forse questa la ragione per la quale i comunisti - piccoli borghesi intellettuali meridionali anche lo– ro - lavorano a costruire il paradiso terrestre di domani, e non badano a quelle piccolezze della vita reale giornaliera che sono intrise colle lagrime e col sangue della povera gente. Il Vinci (pp. 139-43) denuncia anche la ",congiura capitalistico-operaia ai danni della comunità ed in modo particolare del Mezzogiorno"; "grossi interessi legano il padronato e il proletariato rosso, i quali marciano d'ac– cordo." E quindi anche i "social-comunisti" ne hanno la loro parte. Nessuna obiezione. Ma i democratico-cristiani che fanno? Il proleta– riato vero, o meglio le guide del proletariato vero, si comportano meglio nel resistere alla "congiura capitalistico-operaia"? Il Vinci trova che "ogni volta che l'onorevole De Gasperi resiste a certe richieste, l'onorevole To– gliatti, e cioè i socialcomunisti, sono pronti ad accusarlo di voler sman– tellare il nostro apparato industriale." E spiega che l'onorevole De Ga– speri non "potrebbe con un colpo di bacchetta magica risanare il nostro organismo industriale." Assolviamo dunque De Gasperi. De Gasperi - cioè il partito demo– cristiano - non può dare il colpo di bacchetta magica. Ma il partito demo– cratico-cristiano è accusato di non far niente di niente (salvo mettere in tutti i buchi i suoi adepti), perché la mafia del Nord è in ottime relazioni con l'Azione Cattolica, e perciò il partito democratico-cristiano non può 645 BibliotecaGino Bianco

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