Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Tirando le somme tersi reciprocamente in cattiva luce di fronte alla massa, come scavezzacolli o come crumiri. Soprattutto esige~ano che i loro deputati fossero 1 gli uni a preferenza degli altri, elementi indispensabili delle maggioranze parlamen– tari: dominare il Ministero significava assicurare il monopolio, o alnì.eno la prevalenza, nei lavori pubblici alle proprie cooperative; significava ottenere libertà di azione nelle Amministrazioni locali al proprio partito; significava rafforzare la organizzazione con quella influenza, che nella vita giornaliera dei piccoli ambienti di provincia deriva dal poter ostentare la propria sicura amicizia con le autorità governative, ad esclusione del partito contrario. Queste necessità tattiche non implicavano, anzi escludevano, qualunque sforzo di anticlericalismo veramente radicale. Se avessero affrontato in pieno il problema delle relazioni fra Stato e Chiesa, i socialisti non sola– mente avrebbero dovuto trascu.çare anzi che no i loro affarucci quotidiani, ma avrebbero respinto verso destra tutta quella borghesia "democratica" che diventava anticlericale quando i clericali si rivelavano troppo indiscreti, ma minacciava di allearsi coi clericali non appena i socialisti si agitava– no in modo da turbare froppo le sue digestioni. In queste condizioni lo stesso problema del divorzio diventava troppo gravoso. Nel 1910 si arrivò a far le viste di prendere sul serio, come grande riforma anticlericale, la precedenza del matrimonio civile sul matrimonio religioso! Per dare una piattaforma ideale al movimento, per sbandierare qualche principio astratto, a cui i clericali dovessero opporsi, giustificando cosi la lotta dei partiti, si cercò di soffiare nella questione della scuola laica; ma la laicità della scuola si riduceva, in tutto, alla esclusione dei preti dall'insegnamento e al divieto dell'inconcludente insegnamento religioso (due ore settimanali) nelle scuole elementari! Il capolavoro del genere fu, nel 1909, lo sciopero generale ban– dito dalla direzione del partito per protestare contro l'esecuzione capitale di Francisco Ferrer avvenuta nella... Spagna! E le stragi dei contadini meri– dionali non ottem:vano piu nemmeno il rito di una interrogazione alla Ca– mera; e l'onorevole Bonomi le spiegava sull'Avanti! come resultato della "insufficiente educazione politica" dei morti ammazzati. Caratteristico in sommo grado a documentare il pervertimento oligar– chico del movimento socialista, nel decennio che precede la guerra, è l'atteg– giamento del partito nel problema della riforma elettorale. Fino alla primavera del 1911, la quasi totalità dei socialisti settentrio– nali fu indifferente, o addirittura ostile, al suffragio universale. Chi facesse oggi lo spoglio dei giornali socialisti reggiani, mantovani, romagnoli, liguri, fra il 1905 e il 1911, potrebbe mettere insieme un interessante, e tutt'altro che smilzo, volume di argomenti contro il suffragio universale. Per essere elettori in Italia, ripetevano questi curiosi socialisti apologisti del suffragio limitato, basta andare a scuola. Perché i "trogloditi" del Mezzodi non vanno a scuola? Perché i socialisti meridionali, invece di domandare il suffragio universale a chi ha ben altro da fare, non aprono scuole per gli analfabeti? 595 BibliotecaGino Bianco

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