Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Spettri e realtà i vinti di domani: perciò l'opera del partito socialista era secondata dalle simpatie di moltissimi non socialisti e anche di parecchi meno inintelli– genti conservatori. Era lotta combattuta in un periodo di grave crisi econo– mica per il nostro paese, durante la quale il gruppo di· opposizione poli– tica piu energico e piu rumoroso funzionava naturalmente da centro di ritrovo per tutti gli irritati, per tutti gli sradicati dalla tempesta, per tutti i borseggiati dal "Governo ladro." Era lotta nella quale i partiti reazionad ebbero la disgrazia di essere capitanati da un uomo assolutamente desti– tuito d'intelligenza, come Umberto il buono, mentre il socialismo ebbe a condottieri uomini di primissimo ordine, che avrebbero fatto la fortuna di qualunque partito. E vincemmo. E i piu attribuirono a forza propria la vittoria, che per quattro quinti era nata dalla debolezza, dalla stupidità, dagli spropositi enormi degli altri; credettero che fosse trionfo del socia– lismo quello che non era se non una modesta rivendicazione neanche demo– cratica ma semplicemente liberale; s'illusero di avere fatto un gran cam– mino, laddove non avevano conquistato altro che la possibilità di cam– mmare. Il partito socialista, fra il 1892 e il 1901, non fu un partito socialista, ma un partito d'azione liberale con bandiera socialista; il quale però ebbe sui vecchi partiti liberali il vantaggio immenso di poter contare sulla colla– borazione di forti nuclei proletari, affacciantisi alla consapevolezza dei loro interessi di classe e tratti alla lotta politica dal bisogno di rompere quanti ostacoli si opponessero alla loro volontà di organizzarsi. Dopo la vittoria, era naturale che questo partito si sfasciasse. I socia– listi proletari, conquistata la libertà di organizzazione economica, si orga– nizzarono: cioè dedicarono la loro attività ad associazioni che prima o non esistevano o erano messe nella quasi impossibilità di funzionare: e tutto quanto essi dànno oggi alla organizzazione della loro classe, è tanta forza tolta al vecchio partito ufficiale. Che di questa libertà i socialisti proletari, per inesperienza propria o perché sopraffatti e travolti dalla alluvione dei sopravvenuti ineducati e im– pazienti, abbiano fatto spesso pessimo uso, è vero anche troppo; ma il pro– letariato era in credito verso la borghesia per dieci anni di salari negati con l'aiuto dei carabinieri, doveva costruire in un giorno quelle organizza– zioni che per dieci anni aveva invano tentato di formare: in un lavoro cosI multiforme, mentre cosI vicini e cocenti erano i ricordi delle oppres– sioni passate, era possibile che tutto procedesse come in un meccanismo di orologeria? Eppoi la libertà non è forse il diritto di fare uso anche pessimo della medesima? A che varrebbe dare agli uomini la libertà, se gli uomini liberi non potessero neanche stroncarsi il collo? Il vantaggio precipuo della libertà non consiste appunto nell'obbligare gli uomini ad acquistare espe– rienza, errando a proprie spese e senza potere attribuire dei propri errori ad altri la responsabilità? . Ad ogni modo, buono o cattivo uso che abbiano fatto della loro libertà; 323 BibliotecaGino Bianco

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