Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Movimento socialista e questione meridionale gusti di quelli che a Bologna ci hanno votato contro. Francamente, noi preferiamo al suicidio il pericolo d'essere ammazzati. Ma, insiste il nostro critico, voi non avete inteso quali riforme la zona piccolo– borghese del partito vi chiedeva e vi siete indugiati intorno alla legislazione sociale utile soltanto alla classe proletaria. Ecco il vostro secondo errore. Errore consaputo, amico Tre Stelle, errore che costituisce oggi, dopo la sconfitta, il nostro conforto ed anche la nostra speranza. Si, lo confessiamo: quel poco di riformismo, che noi abbiamo cercato di tradurre in realtà, ha avuto sempre l'impronta proletaria. Per il proletariato sono le poche leggi sociali che noi abbiamo saputo ottenere; per il proletariato sono le conquiste del movi– mento economico diretto da noi in un'atmosfera di libertà, per ottenere la quale non ci parve soverchia l'aspra battaglia di un decennio e l'accorta tattica di un ministeria– lismo furiosamente denigrato; per il proletariato, infine, è tutta la nostra opera di edu– cazione, per sottrarlo alle lusinghe di un rivoluzionarismo inconcludente e dissolvitore. Per la piccola borghesia invece noi abbiamo fatto ben poco. Non abbiamo levato inni, come certi sacerdoti della rivoluzione, al disegno del Sonnino per sgravare la proprietà del Mezzogiorno; non abbiamo promesso, come qualche divinità dell'olimpo rivoluzionario, H credito a buon mercato ai piccoli proprietari di terre; non abbiamo, come certi professori di socialismo intransigente, concepita tutta la nostra azione at– traverso alle favolose speranze del liberalismo doganale. E per questo fummo vinti. Ma questa sconfitta non ci consiglia a pentirci. Noi pensiamo che se il sociali– smo non vuole adulterarsi e corrompersi in una demagogia popolare, esso deve acca– parrarsi anzitutto i voti proletari e non quelli di altre classi e di altri ceti, anche se, come ce ne avverte Tre Stelle, questi ultimi sono, nell'attuale fase del socialismo italiano, i piu numerosi. Noi restiamo con le grandi organizzazioni proletarie dell'E- milia e della Liguria, e per oggi il loro assenso ci basta. · Non vogliamo dire con questo - e Tre Stelle, che conosce il nostro pensiero, non vorrà cadere in equivoco - che il socialismo riformista non debba occuparsi di quelle riforme ·che interessano anche le classi non propriamente proletarie. Noi abbiamo del movimento socialista - e vorremmo avere lo spazio per dilungarci - una conce– zione molto piu larga e superba di quella che gli assegna il còmpito egoistico di prov– vedere soltanto ai suoi materiali interessi, relegandolo fuori del vibrante ritmo della vita. Crediamo anzi che la classe proletaria, dall'istante in cui è entrata nell'arena politica, abbia il dovere di mescolarsi a tutte le lotte, di risolvere tutti i problemi, di affrettare tutte le rinnovazioni, e a lei, a lei sola, spetti la grande missione di redimere l'uma– nità con la sua vittoria. Riformismo, dunque, anche per la piccola borghesia, anche per la soluzione di tutti i problemi che Tre Stelle accenna nel suo scritto, ma dopo che noi avremo riaffer– mato il carattere proletario del nostro partito, e mediante la forza politica reclutata entro la classe lavoratrice. Altrimenti noi saremmo un partito radicale, un partito vaga– mente democratico, ma non piu un partito proletario. Certo questa nostra fedeltà alla classe che intendiamo accompagnare nella sua gra– duale ascensione ha contribuito alla nostra sconfitta di Bologna, ma noi amiamo meglio essere vinti con U riformismo proletario che non trionfare con la "rivoluzione" piccolo– borghese. ibi [I VANOE BONOMd 320 BibliotecaGino Bianco

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