Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

Movimento socialista e questione meridionale Tutti questi splendidi vantaggi, conquistati dai grandi proprietari me– ridionali dal 1860 in poi, perderébbero gran parte del loro valore, se nel Mezzogiorno non ci fosse l'ordine, cioè se la riscossione delle rendite non fosse regolare- e pacifica. Ed ecco che la burocrazia, la magistratura, l'esercito son H a compie– re questa funzione del mantenimento dell'ordine. Come volete che i gran– di proprietari meridionali sieno antimilitaristi? Piu ce n'è, meglio è; tanto non sono essi che pagano. Ed è bene che i mémtenitori dell'ordine abbiano del prestigio; e se per conquistare questo prestigio sono necessarie -le im– prese coloniali, bene, viva l'Africa, e sempre avanti! Ci vorranno dei quat– trini anche per questo, ma pagano... gli altri, e quindi fuori i quattrini! Come volete che quella gente non sia unitaria feroce e amante devo– tissima del bene inseparabile? Se non ci fosse l'unità burocratica e special– mente militare, essi si troverebbero soli, senz'aiuti, di fronte al resto della popolazione malcontenta; chi li saiverebbe allora dalla rovina? I feudatari dominano neiritalia meridionale da otto secoli. In questi otto secoli sono avvenuti circa venti mutamenti di regime, cioè in media uno ogni quarant'anni; ma attraverso tanti mutamenti, i grandi proprie– tari fondiari !}On solo han mantenuto illeso il loro dominio, ma l'hanno anche di secolo in secolo aumentato. Mentre in Europa tutto è mutato e una serie di rivoluzioni religiose, politiche e sociali ha strappato dalle ma– ni della classe feudale il potere economico e politico per darlo alla borghe– sia, nell'Italia meridionale le cose son rimaste sempre allo stesso punto; e attraverso a mille tempeste la classe feudale è riescita a tenersi a galla. La ragione di questa persistenza del dominio nelle mani della stessa classe si trova nel fatto che nell'Italia meridionale tutti i mutamenti di re– gime sono avvenuti non per rivoluzioni interne, ma per cause esterne. In un paese in cui non esistono che due classi: nobili dominatori e contadini oppressi, non è possibile alcuna rivoluzione interna; sono possibili dei tu– multi, delle rivolte piu o meno sanguinose, in cui i contadini possano per un momento avere la prevalenza, ma poi, ignoranti come sono, incapaci a maneggiare il potere politico, finiscono col perdere i vantaggi conquistati e ben. presto ricadono nell'antica servitu. Dove non c'è borghesia, ivi non ci sono rivoluzioni moderne. Per questa ragione nessuna riforma politica è stata mai compiuta nel Mezzogiorno per opera degl'indigeni dal tempo dei Vespri Siciliani ad oggi. I mutamenti, invece, sono avvenuti sempre sotto la pressione degli eserciti stranieri: nei secoli XIV e XV, Durazze– schi, Angioini, Aragonesi; nei secoli seguenti, Francesi, Spagnuoli, Austria– ci, Borbonici, Napoleonici, Italiani. A una ·spedizione militare esterna i nobili meridionali non hanno mai opposta resistenza. Pochi di numero, odiati dai loro soggetti, circondati da un vero deserto sociale, han sempre capito che la resistenza alla forza ester– na era assurda. Perciò, invece di difendere -la loro indipendenza, han se– guito sempre una tattica opposta. Appena han visto che le vicende della 78 BibliotecaGino Bianco

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