Gaetano Salvemini - Movimento socialista e questione meridionale

La questione meridionale poco, cosf è considerato come terra di terza qualità e paga meno delle pro– prietà settentrionali coltivate bene e delle stesse piccole proprietà meridio– nali fecondate dalla fatica del coltivatore e quindi tassate come terre di prima qualità. I grandi proprietari meridionali non sono oppressi dalle tasse, questa è la verità; e il primo atto della riforma futura dovrebbe essere di redistribuire la imposta fondiaria non secondo la qualità della terra, ·ma secondo la superficie, alleggerendo le piccole proprietà coltivate bene e ag– gravando le terre incolté, e obbligando i proprietari o a intensificare le colture per rifarsi della imposta maggiore oppure a lasciarsi espropriare dallo Stato. Quel po' di tasse, che pagano, i latifondisti se lo fan compensare ad usura dallo Stato, che, se per gli altri è nemico, per essi è dolce fratello. I dazi d'importazione sul grano giovano solamente ad essi e rappre– sentano un grosso tributo annuo, che i consumatori pagano al loro dolce far niente. I fitti dal 1860 ad oggi sono cresciuti in media, nonostante le oscillazioni ~ le crisi, del 50 per cento. La confisca dei beni ecclesiastici significò, per l'Italia meridionale il pagamento di una forte indennità di guerra allo Stato, e questa indennità fu pagata, bisogna dirlo, dai proprie– tari; ma questi comprarono terre, che valevano almeno il triplo, sulle quali prima non avevano alcun diritto; laddove il proletariato, per cui quelle ter– re prima del '60 erano una fonte di vita, se le vide da un momento all'al– tro strappate di mano. Quindi la vendita dei beni ecclesiastici si può, con maggior esattezza, qualificare come un mercato mediante il quale l'Italia una, facendosi pagare una indennità insufficiente, permise ai proprietari meridionali di derubare il proletariato di quanto gli apparteneva. La stessa rottura del trattato di commercio colla Fran.cia 2 fu per molti grandi proprietari meridionali, specialmente pugliesi, un magnifico terno al lotto. Infatti, nel decennio che precedette quell'atto cosI disastroso per i piccoli proprietari meridionali, molte terre prima a bosco o a grano erano state cedute dai latifondisti in enfiteusi ai piccoli coltivatori perché fossero messe a vigneti. Le terre furono dissodate, piantate, coltivate; ma quando arrivò il momento, in cui l'enfiteuta doveva raccogliere i frutti del suo lavoro e pagare i debiti contratti nel dissodamento e nella coltivazione, la rottura delle relazioni commerciali con la Francia decimò i prezzi dei vini. I coltivatori si trovarono cosI con un deficit enorme; e uno dietro l'altro dovettero rompere il contratto d'enfiteusi, non potendone piu sopportare il peso, e fallirono; e i proprietari riacquistarono le loro terre, una volta incolte e messe di fresco splendidamente a vigneti, senza che essi ci aves– sero impiegato un centesimo solo, o una sola goccia di sudore. E ora che i prezzi dei vini riprendono lentamente il moto di ascensione, i proprietari raccolgono 1 frutti del lavoro ... degli altri. Oh! la proprietà è davvero il frutto del lavoro! 2 Nel 1887. [N.d,C.] 77 BibliotecaGino Bianco

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