Gaetano Salvemini - Il ministro della mala vita e altri scritti sull'età giolittiana

La Sinistra rediviva Ma nel maggio '98 la nostra oligarchia non mise in opera tutta la violenza che avrebbe potuto: si pensò a fucilar De Andreis, ma non si credé necessario; fu ventilata l'idea di restringere con decreto reale il diritto elettorale, ma il Corriere della Sera dichiarò che questo sarebbe stato troppo forte; alcuni giornali annunziarono un colpo di Stato - il definitivo, - altri lo smentirono. Vi furono in quel mese sanguinoso due correnti nelle nostre alte sfere; l'una, formata dai militari e da pochi civili, voleva arrivare fino in fondo: l'altra, dei civili, credé potesse bastare alla sicurezza della reazione quel che s'era fatto ed essere imprudente urtare troppo fieramente le convinzioni liberali della grande maggioranza del paese. Speravano questi che la reazione violenta avesse abbastanza preparato il terreno alla reazione legale; l'opera spinta innanzi dai generali sarebbe stata completata dai deputati, che, atterriti dalla rivoluzione, avrebbero votato l'abolizione dello Statuto e la restrizione del diritto elettorale. Ad assicurarsi dell'opera della Camera, fu mandato a comandarla un generale; e a ricavare i frutti della campagna del maggio '98, furono presentati i provvedimenti politici. Ma i calcoli dei civili erano sbagliati; essi credevano che la repressione milanese del '98 avrebbe avuto gli stessi effetti della repressione siciliana del '94: creare il deserto fra i partiti sovversivi. Ma Milano non è Palermo; essa ben presto si riebbe, riprese la coscienza esatta della situazione, intuf la soperchieria di cui era stata vittima, sollevò il vessillo della protesta. L'esempio glorioso di Milano rincorò il resto d'Italia; i deputati sovversivi, sostenuti dal consenso di tutto il paese vivente, sentirono, per la pri·ma volta in questi quarant'anni di "Governo nazionale," qual era il loro dovere. La oligarchia si avvide di aver fatto male i suoi calcoli nel maggio '98. Naturalmente, invece di attribuire la insurrezione della coscienza popolare alla violenza usata - questo significherebbe ammettere il bisogno di cambiar strada e quindi di suicidarsi - l'oligarchia l'ha attribuita alla poca violenza. Oh, se nel maggio '98 ci fosse stata un po' piu di "iniziativa," se i caporioni dei sovversivi fossero stati "inchiodati con quattro fucilate contro il muro"! oggi non si troverebbero a dover ricominciare da capo, a dover rimpiangere tante nefandezze consumate inutilmente! Bisogna fare un ultimo sforzo e questo sforzo lo farà Francesco Crispi. Pelloux lo farebbe volentieri lui, ma non conosce gli uomini, non ha influenza nel mondo parlamentare, non gode alcuna simpatia nel paese; Crispi invece avrà con sé per la vita e per la morte tutti i latifondisti meridionali e tutti i reazionari settentrionali; una certa praticaccia parlamentare non gli manca; e poi è un nome, la sua vita passata è tutto un programma, con lui la oligarchia sentirà di esser ben diretta - poco importa se a ragione o a torto - acquisterà coraggio, combatterà con maggiore entusiasmo, oserà le audacie estreme. Crispi è un uomo necessario, oggi; purtroppo è vecchio, cadente, semicieco; ma non è tanto necessaria l'opera sua personale, quanto il suo nome. 34 BibliotecaGinoBianco

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