Gaetano Salvemini - Il ministro della mala vita e altri scritti sull'età giolittiana

Il ministro della mala vita per affari, che poteva essere conosciuto dall'oste, dai La Lumia, da Pentillo e da altri. D'altra parte il Filosa confermò al delegato che il Turco era di Campobello, che veniva spesso a Licata. Nonostante tali risultanze, il Turco venne tratto in arresto. Tutto induce a credere, risultando esclusa la buona fede del Cornetta, che la misura grave a carico del Turco venne presa appena fatto il nome di La Lumia, uno dei competitori della lotta politica. 6. I questurini a Campobello di Licata A Campobello di Licata, altra frazione del Collegio, l'ardore dei poliziotti fu assolutamente insuperabile! Con verbale del 28 febbraio 1909 - dice una sentenza del Tribunale di Girgenti del 23 marzo - le guardie di città di Licata denunziavano in istato di arresto Carletto Giuseppe per rispondere del reato di oltraggio ad agenti della forza pubblica nell'esercizio ed a causa delle loro funzioni, commesso in Campobello il 28 febbraio 1909. Venuta la causa al pubblico dibattimento per citazione diretta, l'imputato nel suo interrogatorio si protestò innocente, assumendo che le guardie lo trassero in arresto sol perché egli aveva tentato di togliere dalla casa di tal Cammarata un manifesto attaccato ad un filo di ferro e portante la scritta: 'W La Lumia,' prevedendo che gli agenti sarebbero venuti a staccarlo come avevano fatto poco avanti per un altro. I testimoni del carico Zago ed Intilla (guardie di questura) confermando il loro verbale, spiegarono concordemente, che quando il Carletto, accortosi di loro, smise dallo staccare il manifesto e scese in istrada, essi lo andarono a prendere per condurlo in caserma, al solo fine di conoscere perché toglieva i manifesti di La Lumia; e fu allora che egli esclamò: Ma che credete che sono un latitante, mascalzoni. Osserva il Collegio, che anche a non tenere alcun conto della deposizione del teste Lo Seggio Calogero, il quale !,a escluso che il Carletto abbia in quella occasione profferita alcuna parola oltraggiosa all'indirizzo degli agenti, è certo che il contegno tenuto da costoro, secondo la stessa confessione dei medesimi, è stato non solamente strano ma addirittura illegale. Ed invero è discutibile in primo luogo se le guardie si trovassero nell'esercizio delle loro funzioni •nello andare staccando materialmente in occasione della lotta i mani/ esti elettorali di uno dei candidati politici, inquantoché eseguendosi con ciò un'ordinanza emanata dal sindaco 88 per ragione di edilizia ( 11 !), sembra che il sindaco medesimo avrebbe dovuto affidare tale incarico a spazzini ed a altri inservienti qualsiasi, salvo alle guardie di intervenire nel caso in cui qualcuno si fosse opposto. Ma in ogni caso non vedesi perché mai detti agenti avrebbero dovuto arrestare o comunque accompagnare in caserma. il Carletto Giuseppe, se, come essi stessi ammettono, costui nessun reato aveva commesso, né altro gli si poteva addebitare che di avere pensato di dare volontaria esecuzione all'ordinanza sindacale. Ora se è cos(, e se la libertà dei cittadini è sacra e inviolabile, non è dubbio che quando i detti agenti si permisero di afferrare senza alcun motivo legittim0 l'imputato, consuma• rono in danno di costui un atto arbitrario; per cui, anche ammettendo che egli avesse profferito le cennate parole, esula il reato di oltraggio. Per tali motivi il Tribunale dichiara non farsi luogo a penale procedimento contro Carletto Giuseppe per inesistenza di reato. 88 Da tener presente che questo sindaco è quel comm. Antonio d'Angelo, di cui abbiamo parlato e di cui parleremo ancora. 113 9 . )teca GinoBianco

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