Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

La distruzione dell'impero Secondo un atteggiamento dello spirito che risale alla decadenza dell'impero roma– no, le vittorie degli eserciti sono da attribuire ai generali, mentre la colpa delle scon– fitte va ai soldati. In Francia il Maresciallo Pétain si prese per sé, nella prima guerra, mondiale, la gloria dell'eroica difesa che i poilus avevano fatto a Verdun, ma, dopo il disastro del 1940, si affrettò a proclamare che la Francia era stata sconfitta non perché i suoi generali fòssero idioti o traditori, ma perché i francesi bevevano vino in proporzione inversa al loro timore di Dio. Seguendo lo stesso metodo il Ministero delle informazioni di Londra fa del suo meglio, ogni volta che parla delle operazioni militari che riguardano l'Italia, per fare commenti circa i generali fascisti che si sono fatti battere ripetutamente come tanti materassi e tappeti, e dei soldati italiani dicono so– lamente che sanno solo scappare. E secondo una formula anche piu breve ripetono che gli "italiani" sanno solo come scappare. Tenendo conto dei generali che li comandano, i soldati italiani, se non rimaneva loro che scappare, avrebbero mostrato che vi è maggior buon senso nelle loro scarpe di quello che è in tutto il ,Ministero britannico delle informazioni. Tuttavia, il fatto si è che le scarpe dei soldati italiani non avevano tanta saggezza. In Etiopia, nella pianura di Gondar, 12.000 soldati italiani e molti indigeni al comando di ufficiali italiani resistettero alle forze inglesi assedianti per 193 giorni, e ciò senza aviazione, senza difesa antiaerea, senza carri armati, senza scarpe, con le uniformi a brandelli avvoltolando fastelli di spini nei fili spinati. Si arresero il 17 novembre 1941 solo dopo che i carri armati inglesi penetrarono al centro della loro posizione e ogni ulteriore resistenza da parte loro sarebbe stata inutile. Non vi fu nessuno di quei pro– blemi strategici, che, in mano ad un generale fascista avrebbe sconfitto un esercito. Ogni soldato doveva semplicemente rifugiarsi dietro una roccia e continuare a sparare fino al– l'ultima cartuccia. A Gondar vi erano i contadini italiani colla loro incredibile attitu– dine alla stoica, tenace resistenza al bisogno, alla fatica affannosa, alle pene, ai dolori. Se il soldato italiano fosse stato un soldato britannico il Ministero delle informazioni britannico avrebbe cantato le lodi del suo eroismo attraverso tutto il mondo giorno per giorno, per tutti quei 193 giorni. E poiché ogni regola ha la sua eccezione, dobbiamo ammettere che a Gondar vi era un generale. Il suo nome è Generale Nasi. Era stato molto considerato da Musso– lini perché, nel febbraio 1937, aveva rifiutato di partecipare ad Addis Abeba alle carne- • ficine ordinate dal Generale Graziani. Qui nella primavera di Gondar, abbandonato da Dio e dagli uomini, non vi era il quartiere generale dello Stato Maggiore nel quale il Gene– rale Nasi avrebbe dovuto curvarsi" sopra misteriose mappe. Non aveva bisogno di pen– sare. Se avesse dovuto risolvere problemi di complessa strategia lo avrebbe fatto in un lasso di tempo molto inferiore di quello impiegato dal Principe ereditario, V1sconti-Pra– sca, Graziani ed il Duca d'Aosta. Viceversa sembra che egli sia stato eccezionalmente abile nel provvedere vettovaglie pei suoi soldati e nell'utilizzare le cucine da campo. Aveva messo a coltivazione ogni spazio disponibile di terreno, cosicché i suoi uomini po– terono mangiare durante l'assedio. Possiamo esser certi che spesso stava col moschetto in mano dietro una roccia. Il sottoscritto ha avuto intima familiarità con quei contadini e pescatori italiani, dai quali proviene. Li ha veduti nel corso della prima guerra mondiale\ aspettare il loro destino nelle trincee del Carso, immobili e silenziosi nel sangue, nel fango, nella spor– cizia, fra una massa di corpi e sotto la gragnuola delle bombe nemiche. Questa è la ragione per la quale sente verso questo umile popolo quel rispetto che non ha quando pensa al Ministero inglese delle informazioni. I generali fascisti erano incapaci di com– prendere ed utilizzare la forza dei loro uomini. È questa la principale chiave per l'interpretazione degli eventi nei quali il popolo italiano è stato cacciato dentro dal giu– gno 1940. Quelli che attribuiscono i disastri militari italiani alla inferiorità, economica, finan– ziaria ed industriale del paese e perciò ad una mancanza di mezzi sono su una via sba– gliata. Sul fronte greco i generali fascisti avevano a loro disposizione tanto la superiori- 797 BiblotecaGino Bianco

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