Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Inghilterra e Grecia cente e prospettata qualche meta alla quale possano aspirare e se sono a bordo di navi costruite con qualche cosa di diverso dal Gartone, 1 Per superare la prova la marina non poteva contare su una cooperazione efficace da parte delle forze aeree. Il signor Davis scrive: "Mancando di capacità di navigazione, gli aviatori italiani erano incapaci di assi– curare una ricognizione accurata e sistematica sul Mediterraneo, del quale vantavano il completo dominio aereo. I convogli britannici furono individuati spesso per caso o con metodi antiquati, per essere poi perduti di nuovo... I piloti non erano addestrati nella strategia delle navi di superficie, che è essenziale per sostenere un'azione navale, né erano ammaestrati .a riconoscere le navi. Ciò diede luogo ad un buffissimo incidente. Nella prima battaglia del Mare Jonio, gli aeroplani italiani si lanciarono alla riscossa e bom– bardarono furiosamente le proprie navi. Essi semplicemente non le avevano riconosciute. Inoltre non mantenevano le comunicazioni radio con lo scrupolo con il quale .avrebbero dovuto, né sentirono i frenetici segnali radio inviati dai loro arrabbiati camerati di sotto. Fortunatament~ per gli italiani, la mira degli aviatori era soddisfacentemente inesatta." Ed ecco che cosa accadde quando la Royal Air Force attaccò le navi italian--; alla fonda nel porto ,di Taranto (13 novembre 1940): "La flotta chiamò i bombardieri. Questi vennero ma a grande altezza e per un'ora bombardarono le proprie navi. Fortunatamente fallirono il bersaglio" ( Whitaker in Chicago Daily News, 8 aprile 1941). Nell'Italia democratica prefascista, giornalisti e uomini politici erano informati dagli ufficiali dell'esercito e della marina quando si verificavano casi di incompetenza, di– sfunzioni e disordini nel servizio. Giornalisti e politici suscitavano un inferno sui giornali e in Parlamento. I fascisti considerano ciò come una prova che il regime italiano pre– fascista era corrotto fino al midollo. In realtà, per evitare di essere mandati via, i capi delle forze armate dovevano stare all'erta e prendere misure contro i mali denunciati. Nel caso della guerra 1915-18 le forze armate italiane subirono rovesci piu o meno uguali .a quelli di altri paesi alleati e come gli altri resistettero e risultarono vittoriosi. Sotto il regime di Mussolini, il Duce "ha sempre ragione." Era lui che sceglieva i capi dei vari servizi, quelli che dovevano essere infallibili, come lui. Chiunque aves~e osato criticare la loro opera sarebbe stato colpevole di insubordinazione verso il loro capo. I piu scaltri eventualmente andavano dal Duce, lo circuivano, lo .adulavano e tenevano le chiavi del suo cuore. Gli uomini onesti mantenevano un silenzio pieno di terrore. Gli altri si precipitavano all'arrembaggio di posti di comando. Cosi la cancrena della cor– ruzione dilagava e prosperava mentre il Duce, in posa aggressiva, blaterava a non finire della potenza militare italiana. Il signor Davis ha acutamente osservato che "mentre la Germania con un eccellente esercito si è sforzata di non sottovalutare le forze della Gran Bretagna, i fascisti colla loro facciata di esercito si sforzarono di colmare le deficien~ con le chiacchiere. La loro stoltezza fu che finirono col credere alle loro chiacchiere." Certo, le chiacchiere le faceva soprattutto Mussolini, che aveva ammaestrato i suoi gior– nalisti, italiani e non, ad annunciare largamente al mondo che lui era grande come Cesare e Napoleone; e dopo averlo letto sui giornali fin1 egli stesso per credere di essere veramente piu grande di Cesare e Napoleone. Quando gli attacchi alla Francia e all'Inghilterra falli.J:ono, Mussolini, alla fine ot– tobre del 1940, decise di ristabilire l'equilibrio fra Hitler e sé medesimo coll'inghiottire la Grecia, come l'anno prima aveva divorato l'Albania. t Le informazioni sulle condizioni della marina italiana, eccezione fatta per i dati sul generale Cavallero, per i quali il sottoscritto possiede buone prove, sono state tratte da un articolo pub– blicato nella rivista "Il Mondo" del marzo 1941, da uno che servi nella marina italiana per nove anni. ["Il Mondo" di cui qui si parla è una rivista americana. N.d.C.] 787 BiblotecaGino Bianco

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