Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Appendici Pio XI si rallegrò della trionfale felicità di quel "buon" popolo, e la parola "buono" usata in quel momento era una sfida alla coscienza morale di tutto il mondo. Nei suoi commenti al discorso del Papa, la Civiltà Cattolica (6-XI-36) glorificò "l'innegabile manifestazione di abnegazione, coesione e forza cristiana del popolo ita– liano"; esso aveva accettato i sacrifici di una guerra coloniale "per il suo desiderio di pace e di amicizia interna ed esterna, nazionale ed internazionale." "Assetato di or– dine, di giustizia e di pace," il popolo italiano "era convinto di non aver voluto e tanto meno provocato la catastrofe invece di cercare una soluzione pacifica della questione africana, ma di essere stato costretto - da un obbligo sacro - a subire questo ineso– rabile destino." La vittoria "cosf inaspettata, rapida e trionfale pareva avesse in sé qualche cosa di miracoloso" (i corsivi sono miei). Il Papa col suo discorso non era in– tervenuto in una questione di pura politica né si era fatto paladino o giudice dei pro– blemi della guerra o delle questioni connesse con la guerra; e neppure aveva dimo– strato parzialità plaudendo all'uno o all'altro dei due belligeranti come avevano in ma– la fede affermato i protestanti, i massoni, i radicali, i socialisti e i comunisti. Tutto il contrario. Le parole del Papa erano state "una calda invocazione, se non una grande proclamazione, del profondo bisogno e desiderio di pace del suo grande e buon popo– lo italiano." Era perfino possibile credere che Dio avesse ritenuto opportuno ricompen– sare l'Italia degli accordi lateranensi del 1929. "Cosi si adempirà la parola degli Aposto– li che nell'ordine della Provvidenza tutte le cose - anche il male sofferto - si risolve– ranno in bene per l'uomo giusto." Era Mussolini il piu giusto di tutti gli uomini giusti? 29 Quando andò a Castelgandolfo, sua residenza estiva, (30-VI), Pio XI fu acclamato da una grande folla. Le campane delle chiese suonarono a distesa. La banda fascista locale suonò l'inno pontificio, la marcia reale e "Giovinezza." Il Papa si presentò alla finestra a salutare la folla. Tutti sapevano da chi era promossa quella dimostrazione. E Pio XI l'aveva pienamente meritata. Il Vaticano riconobbe l'Impero italiano (febbraio 1937), subito dopo Hitler. Il non riconoscimento lascia le cose come sono, ma il riconoscimento è complicità con l'aggres– sione.30 Un'altra prova del favore con cui Pio XI segui la politica di Mussolini durante la questione etiopica, merita di essere ricordata, sebbene sia posteriore di due anni agli avvenimenti qui esaminati. Nel febbraio 1937, in rappreseglia per un attentato alla sua 2 9 Toynbee fu sconcertato dalle parole di Pio XI nel maggio: "Il Papa abbandonò improv– visamente la tradizione papale di riserva superlativamente prudente riguardo alla politica secolare - tradizione alla quale egli si era attenuto (?) con tanto dolore (?) nell'autunno precedente - per dichiararsi inequivocabilmente favorevole ad un dittatore italiano trionfante nell'aggressione." Toynbee osserva che le parole "un grande e buon popolo" usate dal Papa furono "una chiara ripetizione" di parole che già si trovano nel discorso dell'8 settembre. Questa ripetizione potrebbe "far sorgere nella mente di osservatori poco benevoli il sospetto" che "dal principio alla fine le simpatie personali del Milanese sovrano della Città del Vaticano ... fossero state rivolte al Roma– gnolo capo dello Stato italiano nella sua criminale impresa per la maggior grandezza d'Italia" (II-106). E allora su quali basi fonda Toynbee la sua affermazione che le ~'espressioni" di Pio XI al pari di tutto il suo modo di comportarsi, dimostrano che l'accusa di simpatia per la politica di Mussolini era stata un'infondata calunnia? Il modo stranamente inadeguato in cui Toynbee ha trattato questa fase della questione etiopica nella sua opera sotto altri rispetti mirabile fa pensare piuttosto ad un "compagno di strada II del Vaticano che ad uno storico indipendente. Quomdoque bonus dormitat Homerus: Binchy dedica due pagine intere ad attenuare il significato del discorso papale. Ma non riesce a giustificarlo in modo da esserne soddisfatto completamente: "Se Pio XI avesse previsto che la sua imprudente (!) espressione sarebbe stata magnificata e sfruttata tanto dai fascisti quanto dai loro nemici, non avrebbbe parlato. Sarebbe stato meglio per il Papato da tutti i punti di vista ... Per una volta la forte personalità di Pio XI lo tradi" (State and Church, pp. 649-651). 30 Secondo Binchy, "il Papa, essendo vicino immediato del Re, doveva necessariamente essere tra i primi a riconoscere il nuovo titolo di Sua Maestà; in ogni modo l'esempio fu seguito in tempo relativamente breve da altre potenze, comprese quelle che avevano ragioni molto piu gravi per negare il riconoscimento" (pp. 647-8). Il "tempo relativamente breve" durò, per Parigi e Londra, fino al novembre 1938. Dal 1870 al 1929, Pio IX, Leone XIII, Pio X, Benedetto XV e lo stesso Pio XI si rifiutarono di riconoscere la legittimità del regno d'Italia, sebbene il Re d'Italia fosse diventato loro vicino il 20 settembre 1870. 762 BiblotecaGino Bianco

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