Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Appendici Binchy ci ricorda che i Vescovi non sono il Papa. Bisogna fare una distinzione tra "Episcopato" e "Curia." Tuttavia, è costretto a riconoscere che il Papa, oltre ad esse– re il capo della Chiesa Cattolica universale, è anche Primate d'Italia e questo fatto "ren– de i rapporti tra lui e la Chiesa italiana particolarmente intimi non solo in pratica;, ma anche nel diritto canonico; per conseguenza si può supporre che egli eserciti un do– minio piu diretto e piu intenso sulla gerarchia in Italia che in altri paesi" (p. 645). Inoltre sebbene Binchy non si occupi di questo fatto, l'art. 43 del Concordato tra Pio XI e Mussolini faceva obbligo al clero cattolico in Italia di astenersi da qualsiasi attività politica. Non era la propaganda di guerra, un'attività politica? Un numero cos{ impo– nente di arcivescovi e di vescovi, che partecipavano alle dimostrazioni per la guerra, non avrebbe potuto agire senza jl permesso del Papa. Era questa neutralità papale? Nessuno saprà mai quale parte ab~iano avuto Pio XI e il suo Segretario di Stato nella preparazione del piano Hoare-Laval. I negoziati diplomatici che potrebbero dar luogo ad obiezioni, non sempre lasciano tracce nei documenti scritti. Ma se dobbiamo prestar fede a quel che fu detto dai giornalisti fedeli a Mussolini e al Ministero degli esteri britannico, è lecito supporre qualche cosa di quello che avvenne. Augur telegrafò al New York Times (16-X) che Monsignor Maglione, Nunzio apostolico a Parigi, aveva quin– dici giorni prima suggerito a Laval un compromesso. "Questa mossa del Vaticano elimina l'impressione che il Papa si mantenga estra– neo al conflitto. Anzi la sua proposta, fatta parecchie settimane fa, costituisce il punto di partenza dell'azione conciliativa che ora si sta svolgendo." Due settimane piu tardi Augur ebbe notizie ancor piu interessanti. Il progetto an– glo-francese di compromesso aveva come punto di partenza i termini dell'accordo pro– posto un mese prima da Pio XI, attraverso il Segretario di Stato, Cardinale Eugenio Pa– celli, all'Ambasciatore francese presso il Vaticano (30-X). Anche Cortesi (NYT., 27-XI) fu informato che il Vaticano "aveva esercitato al massimo grado i suoi buoni uffici e aveva molto insistito, specialmente a Parigi, sulla necessità di trovare una via di uscita dall'attuale punto morto." Mentre si aspettavano i risultati dei negoziati parigini, l'Osservatore Romano (10- XII), insisté che se non si voleva che la giustizia avesse a dibattersi tra "inviolabili di– ritti" da una parte e "indimenticabili necessità" dall'altra, dovevano esservi intesa e concessioni reciproche. Il Times di Londra, riferendo il contenuto di quest'articolo, os– servò ch'esso si accordava con quel consiglio di conciliazione che si riteneva fosse sta– to dato piu di una volta dalla Santa Sede a Lavai e a Mussolini. Anche il Daily Te– legraph (12-XII) fu informato da Roma che "una delle caratteristiche piu salienti dell'at– tività diplomatica sotterranea era l'interesse dimostrato dal Papa per la situazione." "Negli ultimi cinque giorni egli ha mandato due volte un emissario fidato a par– lare col Duce. Ha suggerito un tentativo per chiarire l'atmosfera prima di Natale. Al tempo stesso si sta adoperando alacremente per rendere piu moderato l'atteggiamento degli Stati cattolici membri della Società nella imposizione di" ulteriori sanzioni. Da molte settimane è evidente un senso di profonda preoccupazione nel Vaticano." Un Padre gesuita americano dovette spiegare come fosse possibile che il Papa re– stasse neutrale "nell'attuale caso di una terribile preponderanza di ingiustizia da par– te di una grande e potente nazione, un attacco senza ragione e· senza necessità contro una nazione piu debole, la violazione di giusti accordi costituiti per consenso interna– zionale." Egli superò questo Capo delle Tempeste affermando che il Papa stava trovando la via piu breve per finire la guerra; se il Papa avesse fatto da giudice anziché da pa– ciere, la pace sarebbe stata piu difficile da raggiungere (America, 2-XI-35). Il Padre ge– suita ragionava come se la pace fosse dipesa da Pio XI piuttosto che da Hoare e Lavai. Pio XI non era né l'arbitro né il conciliatore nella controversia. Se avesse pronunciato un giudizio morale sfavorevole a Mussolini, avrebbe reso piu difficile la posizione di Musso- 758 Bil=>loteca Gino Bianco

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