Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Appendici Dur:ante la prima guerra mondiale, il 6 novembre 1915, nel corso di una ceri– monia a Milano a cui assisteva il Primo Ministro, un precedessore del Cardinale Schu– ster si alzò e disse ex abrupto: "Vostra Eccellenza ha detto or ora che non c'è contra– sto tra scienza e guerra. Ma quando io penso che i primi edifici dell'istituto, di cui abbiamo testé benedetto e posto le fondamenta, sono dedicati alla scienza dell'agricol– tura, mi domando come questo ramo della scienza possa andar d'accordo con la guerra, ·1a quale toglie ai nostri campi le braccia robuste dei nostri giovani." L'Arcivescovo di Taranto assicurò il suo gregge che Maria "stella del mare," "ce• leste regina della vittoria" avrebbe aiutato l'Italia e il suo "prode Re soldato": "Essa illuminerà la via e guiderà attraverso le dure vicende della piu grave re– sponsabilità il Capo del Governo, che è il piu grande capo dei nostri tempi, e proprio a causa della sua grandezza è diventato il simbolo di grande invidia e di profondo, inestinguibil odio e d'indomato amor ... L'Italia come un sol uomo, con i suoi vivi e i suoi mo,rti, con tutte le sue passioni, con tutta la sua fede, sta per iniziare una marcia che nessuno oserà arrestare, perché l'Italia deve compiere la sua millenaria missione di civiltà" (P.. 1-7-XI). Ad ulteriore prova del suo zelo, quell'Arcivescovo celebrò la messa in un sotto– marino, e pronunciò un discorso che fu radiodiffuso, "rendendo omaggio alla me– moria dei caduti ed esaltando il glorioso esercito italiano." L'Arcivescovo di Z~a "in– vocò dal cielo gloria e vittoria per le forze armate italiane ed esortò gl'italiani a resi– stere con fede e sacrificio a tutti i sacrifici richiesti dalla Romana giustizia" (T. 7-XI). L'Arcivescovo di Brindisi (18-XI) condannò l'azione organizzata dal freddo egoismo e dall'arroganza della Gran Bretagna per danneggiare l'Italia e appoggiare il re semi– barbaro e proprietario di schiavi che domina un territorio spopolato e misero grande quattro volte l'Italia. Il Vescovo di Cassano Jonio promulgò il seguente ukase: "Nessuno di noi o~i criticare le azioni della autorità civili... Obbedienza a chi ha il diritto e la responsabilità di comandare, ordine e disciplina in tutte le manifesta– zioni sono gl'indispensabili elementi costitutivi della vittoria" (Avvenire d'Italia, 18-XI). Alcuni vescovi offrirono oro e argento al Governo per la guerra. Il Cardinale Ar– civescovo di Bologna ordinò che tutti i preti desiderosi di contribuire personalmente alle donazioni di oro, consegnassero i loro doni a lui, e lui sarebbe andato personalmente a Roma a presentarli a Mussolini. L'Arcivescovo di Monreale incaricò il clero a lui sog– getto di fare un inventario degli oggetti preziosi, che erano stati dati alle chiese dai fedeli per grazie ricevute, e di trasmetterne una copia a lui entro 20 giorni. Gli og– getti sarebbero poi stati fusi, e i lingotti d'oro e d'argento sarebbero stati offerti allo Stato sotto forma di sottoscrizione al prestito 5% (21-XI): buon metodo di assicurarsi un discreto interesse sull'oro improduttivo! Il Vescovo di Civita Castellana (9-XII) disse ferma che avevano torto quei critici i quali "insinuavano" che "effettivamente il Vaticano ac– carezzava con piacere la prospettiva di una conquista italiana dell'Abissinia, calcolando che que– sto coup de force potesse facilitare la diffusione del Cattolicesimo"; "un calcolo simile avrebbe ri– velato una singolare mancanza di senso politico da parte delle autorità ecclesiastiche." Binchy af– ferma pure che "la speranza di ottenere l'unione religiosa dei Copti abissini con Roma mediante la forza delle armi italiane era troppo fantastica per essere coltivata, sia pure solo per un se– condo, nei circoli responsabili ecclesiastici" (p. 639). Tuttavia perfino Binchy è sgradevolmente im– pressionato dal fatto che il Cardinale Schuster abbia rivestito "con gli attributi di una crociata un'azione che i governi di oltre cinquanta nazioni avevano stigmatizzata quale aggressione non provocata" (State and Church, pp. 678-9). Non apparteneva forse il Cardinale Schuster ai circoli responsabili ecclesiastici? E che cosa fece egli se non rimaneggiare ciò che aveva letto nella "Ci– viltà Cattolica" (v. sopra, p. 756) anche se Toynbee e Binchy preferirono di ignorare questo fat– to? Inoltre bisogna notare che appena fu conquistata l'Etiopia il Vaticano vi mandò quale Nunzio Papale quello stesso Arcivescovo Castellani che si era coperto d'infamia nel Dodecaneso greco per i suoi tentativi di disorganizzare la Chiesa greco-ortodossa e convertire la popolazione alla fede cattolica romana (v. Appendice C). L'opera di questo prelato nel Dodecaneso greco e in Etio– pia meriterebbe uno studio metodico. 756 BiblotecaGino Bianco

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