Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Appendici Matteotti nell'anniversario dell'assassinio. Il 25 maggio squadre provenienti dall'Emilia invasero la città. Appiccarono otto incendi. Il proprietario di un negozio (Aldo Chiaratti), mentre stava chiudendo le saracinesche, fu steso a terra con una randellata. Il fratello, accorso, in difesa, fu fatto segno a colpi di pistola, si difese a colpi di fucile da çaccia uccidendo il fascista sparatore; fu accoltellato e lasciato per morto. L'altro fratello fu finito di uccidere. Casa e negozio furono saccheggiati e tutti i membri della famiglia costretti a lasciare il paese per rifugiarsi presso una sorella sposata a Trieste. Tiengo aveva dato piu volte segno di squilibrio mentale, e piu tardi a Roma, come ministro delle Corporazioni, dové essere ricoverato in una casa di cura. Fu fucilato n~ll'aprile 1945 a Milano. La lotta di Tiengo contro Fogar fu accanita. Nell'ottobre 1933 fece osservare a Roma che "a carico del vescovo Fogar si poteva rilevare che la stampa jugoslava, non facendolo oggetto di attacchi, approva il suo comportamento"; invece monsignor Si– rotti, l'amministratore apostolico della diocesi di Gorizia, quello s( che si meritava le proteste dei giornali slavi. Ai primi di dicembre 1933, il vescovo Fogar mandò al pre– fetto una statistica, ,.falla quale risultava la sua continua opera di italianizzazione della diocesi; e commentava: "Nonostante ciò il clero ed i fedeli allogeni della Diocesi nella loro totalità hanno piena fiducia nel Vescovo, e lo lasciano fare, finché egli non avrà commesso l'imprudenza grave di difendersi pubblicamente, elencando le sue beneme– renze nazionali e irritando gli slavi. A questa difesa il Vescovo preferisce subire l'umi– liazione cagionatagli da notizie e statistiche pubblicate da un giornale e continuare la sua opera coscienziosa di Vescovo e di italiano." Tiengo trasmise la statistica a Roma, commentando che andava presa "con bene– ficio d'inventario" e facendo osservare che monsignor Fogar avrebbe dovuto segnalare statisticamente anche ciò che non si decideva a fare per impedire che il clero sloveno si servisse della chiesa per la lotta contro la nazione. "L'ultimo capoverso dello scritto del Fogar tradisce tutta la doppiezza del gioco di questo presule" (13-XII-1933). Altro delitto di Fogar: l'esser rammentato in un calendario sloveno fra i "vescovi sloveni." Tiengo interpretò questo fatto come un "riconoscimento dello slavismo del Fogar." Nel 1936, Tiengo proib( senz'altro, di propria autorità, l'uso della lingua slava nelle chiese cattoliche. La violazione del concordato e della libertà ecclesiaistica era cosf brutale che neanche Pio XI e il cardinale Pacelli poterono inghiottirla. Il Vescovo pro– testò energicamente, e il Tiengo saltò per aria. Ma anche il Vescovo saltò per aria: do ut des. II Times di Londra scrisse: "Il Prefetto fu immediatamente allontanato. Tuttavia per controbilanciare questa azione il Primo Ministro Mussolini insisté che anche il Vescovo fosse allontanato e il Vaticano invitò il Vescovo Fogar a dimettersi sotto pena di essere mandato via qualora avesse rifiutato. Il Vescovo Fogar per conseguenza si dimise. L'uso della lingua slava nelle funzioni ecclesiastiche è stato ora troncato in tutta la diocesi di Trieste" (NYT. 22-X-1936). Era il trionfo dei fascisti locali. Il trionfo diventò clamoroso quando Pio XI chiamò al Vescovado di Trieste - chi? - giust'appunto quel monsignor Santin, che si era immortalato a Fiume come strumento della politica fascista. Naturalmente Santin fu ricevuto a Trieste tra scene di entusiasmo fascista, delle quali l'Osservatore Romano "pubblicò una compiaciuta descrizione" (BINCHY, p. 567). Mussolini disse pubblicamente al vescovo Santin: "Vi ho apprezzato molto quando eravate Vescovo di Fiume: ora vi apprezzo ancora di piu quale Vescovo di Trieste." A Capodistria, il nuovo Vescovo di Trieste si affacciò non alla finestra del Municipio, ma alla finestra del Fascio per benedire la folla raccolta nella piazza (Il Piccolo deUa sera di Trieste, 13-IX-1938). "Si può dire, senza esagerazione, che ogni nomina di vescovo nelle zone abitate da minoranze dopo il 1929 è stato un nuovo colpo contro gli interessi delle minoranze" (BINCHY, .p. 560). 728 BiblotecaGino Bianco

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