Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Pio Xl e le minoranze nazionali piu alte onorificenze del regno: un onore simile non era stato mai concesso da "Roma" né a San Pietro né a monsignor Sedej. 10 Anche il Vescovo di Trieste, mons. Fogar, cercò di proteggere alla meglio il clero slavo nel diritto e dovere di usare la lingua del popolo nelle parrocchie slave. Non essendo eroe per temperamento, cercava compromessi e procrastinazioni, che non anda– vano a genio ai fanatici locali della "italianità." Nel 1931 fu accusato di aver raccomandato nei suoi giri pastorali ai parroci di sentimenti slavi che si mantenessero tranquilli "anche perché si avvicinava l'ora della liberazione." Si trattava di accuse dovute a persone che avevano rancori personali contro di lui. Ma il Prefetto di Trieste si diceva "non molto soddisfatto," del modo in cui si comportava politicamente il clero nello stesso comune di Trieste: i sacerdoti avrebbero dovuto usare la lingua slava solo dove l'italiano era poco conosciuto, e solo con gli adulti, non con i bambini che frequentavano le scuole elementari italiane, e mai nel suburbio di Trieste o nel villaggio di Opcina, completamente sloveno; sarebbe stato bene sostituire agli slavi, preti italiani che potessero parlare sloveno ma con sole persone anziane. Il vescovo non volev·a saperne, e i fascisti erano furibondi con lui e coi preti slavi. Il Vescovo sul principio del 1932 andò a Roma a conferire con Mussolini. Gli slavi - spiegò - potevano essere riconciliati all'Italia con opera "guardinga, prudente e so– prattutto silenziosi" Mussolini, che dava sempre ragione all'ultimo che parlava, si per– suase che il Vescovo aveva ragione: tuto, cito, jucunde. Convocò i Prefetti della Venezia Giulia e "impartf loro precise istruzioni sulla politica verso gli slavi, raccomandando, in ispecie, che nessuna costrizione fosse fatta ai genitori slavi, perché facessero impartire ai loro figli, nelle chiese, l'istruzione religiosa in italiano, mentre conveniva giungere a questo risultato con prudente opera di persuasione" (Relazione del Vescovo, febbraio 1932).. Né il Vescovo né il Duce avevano fatto i conti colla frenesia dei fascisti locali e centrali, e dei preti alla monsignor Sirotti. Intervenne nella questione il capo dell'Uf– ficio Stampa Polverelli. Costui (18 aprile) chiese al prefetto "indicazioni sulla personalità sui sentimenti politici e sull'opera del Vescovo, nonché sull'attività generale del clero, con particolari riferimenti ai problemi della lingua, della nazionalità e della stampa cattolica locale." L'ambasciatore di Mussolini presso la Santa Sede, il famigerato conte Cesare Maria De Vecchi di Valcismon, trattò l'affare col cardinale Pacelli, segretario di Stato di Pio XI: "Non ho mancato di far presente," scrisse nella seconda metà di maggio del 1932, "l'atteggiamento in apparenza soltanto doppio, in realtà nettamente ostile, di monsignor Fogar vescovo di Trieste. Ho ottime ragioni di credere al Vescovo, il quale ha già in varie altre occasioni assunto atteggiamenti antipatici anche con la Santa Sede, per quanto riguarda i rapporti di quell'episcopato col R. Governo, sia stato mosso un preciso richiamo." Nell'estate del 1933 il "richiamo" fece sentire presto i suoi effetti. In una cerimonia patriottica in onore di un gruppo di orfane di guerra, Fogar "tenne un fervido discorso improntato a sensi di gratitudine per i padri delle orfane, morti nella guerra di redenzione, esortò le orfane a mostrarsi degne dei loro padri, esaltò l'Italia, ed invitò i presenti tutti a inneggiare all'Italia, a S. M. il Re ed al Duce, impartendo quindi la benedizione." Inoltre Fogar si recò dal prefetto e lo assicurò della sua intenzione "di agire con prudenza sf, ma anche con energia, contro quei preti slavi che in genere mancassero ai doveri di buoni cittadini italiani" (rapporto del Prefetto, 25 settembre 1932). La guerra guerreggiata scoppiò nuovamente nel 1933 con l'arrivo a Trieste di un nuovo prefetto, lo squadrista Carlo Tiengo. In gioventu aveva militato nel Partito repub– blicano. Prese parte alla guerra 1915-18, e dopo la guerra diventò il ras fascista di Adria. Nel maggio del 1925 si sparse la notizia che ad Adria si progettava di commemorare 10 Notizie piu particolareggiate sulle condizioni della Chiesa nella Venezia Giulia fino al 1935 si possono desumere dall'opera di CARMELJ, Life and death struggle of a national minority, pp. 116-64. 727 BiblotecaGino Bianco

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