Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Le minoranze nazionali sotto il tegzme fascista Fu fondato un ginnasio a Tolmino. Il preside non mancò di far sapere che dei 37 insegnanti "non uno sapeva una parola di sloveno, fatta eccezione per quello che insegnava la lingua slovena." Dei 142 scolari solo 36 erano "prettamente italiani" (C.S. 15-IV-1931). I ragazzi sloveni, che frequentavano questa scuola, erano mantenuti, a spese del governo: in un dormito~io a~ 1 nesso alla scuola, e rice~;van_o utf~str~zion~ "fa– scista ed italiana. 1 Sarebbero stati la nuova classe governante dei ternton slavi nel– l'impero di Mussolini. Ma i ragazzi leggevano in segreto libri slavi, e costituirono una società segreta divisa in cellule chiamate "troike. 11 Nell'estate del 1930, dopo gli esami finali, tutti scapparono in Jugoslavia. In vista di questi bei risultati, il Governo italiano decise di evitare ogni ulteriore spreco di denaro, e aboli la scuola e il dormitorio. Nel gennaio 1931, nel perquisire una casa slovena a Gorizia, la polizia scopd il disegno di un uomo inginocchiato, curvo sotto il peso delle catene, che a~pettava la spada del boia. Il boia portava il nome di Vittorio Emanuele III re d'Italia, mentre l'uomo condannato rappresentava il "popolo sloveno." Questa scoperta fu seguita dal– l'arresto del pittore in erba, che aveva disegnato quel capolavoro di verità. Fra le sue carte c'era una lista di quindici compagni di scuola. Tutti, fra i 10 e i 16 anni, furono arrestati. Confessarono di aver fondato la società segreta dei "Corni Bratic 11 cioè "Fra– telli Neri," espressamente allo scopo di far saltare in aria un ponte ferroviario. I gip– vani delinquenti avrebbero dovuto essere processati e condannati dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato. Sarebbe stato un bel trionfo per la dittatura fascista: quindici ragazzi fra i dieci e i sedici anni, che avevano succhiato il latte delle scuole fasciste, condannati a vent'anni di galera per aver "complottato contro l'ordine costituzionale dello Stato." Dopo aver meditato sull'argomento per due mesi, Mussolini ordinò che i ragazzi fossero rilasciati. Nell'autunno del 1927 libri slavi saccheggiati presso il circolo sloveno di San Gio– vanni di Guardiella furono portati in processione per le strade di Trieste e pubblica– mente bruciati. Non si potevano ricevere per posta libri slavi. Se il destinatario ave 1 ,a fortuna, il libro veniva semplicemente confiscato dall'ufficio postale e dal segretario del fascio locale, oppure era restituito al mittente con l'osservazione che era stato rifiutato dal destinatario. In altri casi il destinatario doveva dichiarare di non avere ordinato il libro in questione. Se rifiutava di fare questa dichiarazione, si rivelava un "anti-nazionale," con tutte le conseguenze del caso. Cioè perdeva la licenza, se aveva un negozio o un albergo, o la pensione, se era un impiegato a riposo o un mutilato di guerra. Oppure andava a passare in prigione tanti giorni quanti erano necessari per destare in lui la fede nazionale italiana dormiente. Nel 1927 e nel 1928 venti processi per diffusione di libri slavi si svolsero davanti ai tribunali di Tolmino, Comeno, Aidussina e Castelnuovo d'Istria. Gl'imputati furono condannati a multe fino a 400 lire, ed uno di essi fu messo in prigione per due mesi. Quest'ultimo, di nome Slavico Tuto, nativo di Tolmino, fu giudicato colpevole per aver tenuto presso di sé varie copie del libro di lettura slavo "Prvi Koraki" ("Primi passi") pubblicato due anni prima con l'approvazione delle autorità. Per il fatto di tenere e distribuire quel libro era colpevole di "diffondere la lingua slava tra la popo– lazione slava a detrimento della lingua italiana." La Corte di Appello lo assolse "per insufficienza di prove." E allora la Commissione provinciale lo mandò per tre anni al confino nell'isola di Lipari. Nel novembre e dicembre 1928 i carabinieri, nella zona di Gorizia, perquisirono case private e confiscarono piu di 15.000 libri slavi. Ogni anno la Società di S. Erma~ cora pubblicava 20.000 copie di una specie di Barbanera in sloveno ad uso della po– polazione rurale. La censura ne permise la pubblicazione, ma pochi giorni dopo che era stato messo in vendita, i carabinieri oominciarono a perquisire le case dei conta– dini e confiscarono l'almanacco. In questo modo cercavano di intimidire quei disgra– ziati e trattenerli dal ripetere lo stesso delitto l'anno dopo. Non c'era nessuna legge, che proibisse l'importazione dei giornali sloveni e croati in Italia dalla Jugoslavia. Ma chi si abbonava ad uno di quei gio~nali, si esponeva al 713 BiblotecaGino Bianco .

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