Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla- seconda gtterra mondiale 29-V). La sua amicizia per la perfida Albione non si fermava qui. In un'altra intervista della stessa data col corrispondente diplomatico del Dai– ly Telegraph, dette sfogo alla pienezza del suo cuore. "La fine delle sanzio– ni avrebbe segnato l'ingresso dell'Italia nelle file degli Stati soddisfatti" (queste parole furono soppresse nella versione dell'intervista pubblicata in Italia, essendo esse intese solo per uso esterno). "Una volta finite le sanzioni," lui avrebbe esaminato i problemi medit~rranei "con spirito di collaborazione e di pace." L'Italia non avrebbe portato rancore contro i minori Stati mediterranei per la parte da essi rappresentata negli ultimi dodici mesi. L'Italia poteva mobilitare 37 classi di riservisti, cioè 8.000.000 di soldati. Non aveva quindi bisogno di un esercito negro né in Africa né in Europa. Gl'interessi della Gran Bretagna, per le acque del Laga Tana, sarebbero stati meticolosamente rispettati. L'intera guarnigione italiana in Libia sarebbe stata portata in patria appena le navi britanniche fossero state ritirate. Egli avrebbe fatto tutto quanto era in suo potere per arriva– re a un riavvicinamento anglo-italiano: Vi prego di ripetere, e di far capire a tutti, che l'Italia fascista vuole pace, e che farà tutto quanto è in suo potere per preservare la pace. La guerra in Europa sarebbe la cata;trofe dell'Europa. Cortesi spiegò che se l'Italia· desiderava il riavvicinamento anglo-ita– liano, l'Inghilterra ne aveva necessità, e ciò per le seguenti ragioni: "Pri– mo, la Gran Bretagna desidera che l'Italia funzioni come una specie di contrappeso alla Francia. Secondo, essa non può tenere la sua flotta nel Mediterraneo per sempre. Terzo, essa è preoccupata per l'inquietudine nel mondo arabo." Non era quindi il caso di dubitare che le conversazioni an– glo-italiane continuassero con l'obiettivo di raggiungere un'intesa. Natural– mente le sanzioni si sarebbero dovute togliere il piu presto possibile (NYT. 28-VI). Poi Grandi fece una visita al Foreign Office per dare a Eden l'assi– curazione che l'Italia non aveva alcun progetto che contrastasse gl'interes– si britannici nel vicino Oriente o altrove. L'Italia desiderava vivamente raggiungere migliori rapporti con la Gran Bretagna. Ma non poteva pren– dere l'iniziativa per un accordo mediterraneo, finché continuavano le san– zioni; e se le sanzioni fossero continuate, l'Italia avrebbe dovuto porsi d'urgenza il problema di un eventuale abbandono della Società (DT. 29-V). Queste assicurazioni furono accolte con sentimenti · incerti nel Fo– reign Office. Al corrispondente diplomatico del Manchester Guardian (30-V) fu detto che queste, "se erano genuine," eliminavano tutte le cau– se di conflitto fra l'Italia e Gran Bretagna; "c'era una tendenza a credere che rappresentassero in sostanza i veri fini della politica estera italiana." Ma Birchall era sicuro che il popolo inglese era "esasperatissimo contro l'Italia"; il suo stato d'animo "ricordava quello di un ragazzo grandicello punzecchiato fino alla disperazione da un ragazzino piu piccolo finché fi- 636 Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=