Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Preludio alla seconda guerra mondiale lizzato per le grandi perdite subite, senza viveri oramai e senza mumz10ni, il nemico era ridotto a ricevere, parando come poteva, i colpi che gli sarebbero stati da me inferti. 1118 Badoglio prese immediatamente la controffensiva conforme ai suoi originari piani di guerra (v:. sopra, p. 537)~ e tra il 10 e il 19 febbraio sconfisse di nuovo il nemico nella cosf detta battaglia dell'Endertà, che prese il nome dalla piu alta vetta che si proponeva di conquistare e che infatti conquistÒ. 19 A Roma alcuni funzionari del Ministero degli esteri erano dell'opi– nione che "J acir Bey aveva lavorato bene e che la soluzione della crisi abissina si doveva attribuire piuttosto ai metodi diplomatici dello Stato Maggiore che ad una vittoria militare. 1120 In realtà non c'era alcun ele– mento di mistificazione né nella battaglia del Tembien né in quella deU'Endertà. Entrambe furono vere. Un diplomatico italiano ha spiegato nel modo seguente il piano di battaglia di Badoglio: Fino al 1918 la preoccupazione principale di un capo militare nello svolgere un'azione offensiva consisteva nel proteggere le ali delle forze avanzanti, onde evitare che l'avversario stritolasse il cuneo da esse formato. In Etiopia fu sfruttato per la prima volta l'elemento velocità, derivante dalla motorizzazione delle grandi unità. In altri termini Badoglio comprese che non era necessario preoccuparsi delle ali, purché l'avan– zata fosse tanto rapida da colpire i centri vitali del nemico. Pertanto, mentre i migliori tecnici di tutto il mondo prevedevano un'avanzata lenta e difficile e valutavano a quat– tro o cinque anni il periodo di tempo necessario per occupare l'Etiopia, egli, dopo ogni singolo scontro vittorioso, lanciò arditamente innanzi le sue colonne, sino a giunge– re al cuore dell'impero negussita, determinandone lo sfac:elo. 21 Il diplomatico aggiunge che "sarebbe ingiusto sottovalutare la stra– tegia di Badoglio per il fatto che fu applicata contro uno Stato semi-bar– baro." Eppure fu questo il fattore decisivo di quella guerra. Non era difficile ottenere la velocità con aeroplani e truppe motorizzate contro un nemico che ne era del tutto privo. La radio fornf a Badoglio un mezzo immediato per avere informazioni e trasmettere comandi. Il suo Stato Maggiore intercettava e decifrava tutti i messaggi radiofonici trasmessi o ricevuti da Hailé Selassié, ed era quindi informato delle condizioni ed intenzioni del nemico. Quest'ultimo non aveva artiglieria pesante. In tali condizioni, la strategia di Badoglio non giustificava un esagerato entusia– smo.22 E non sarebbe onesto dimenticare che Badoglio aggiunse agli 1 8 Ibid., p. 81. Il nostro è uno studio di storia diplomatica e non militare. Perciò non facciamo menzione delle operazioni militari che ebbero luogo sul fronte meridionale - una cam– pagna con alterne vicende nel deserto. La loro influenza sui risultati politici della guerra fu assai scarsa, per non dire nulla. 19 BADOGLIO, La guerra d'Etiopia, pp. 93-105. 20 Dichiarazione di Senni durante l'istruttoria del Processo Roatta, 19 ottobre 1944. 21 DoNOSTI, Mussolini e l'Europa, p. 40. 22 Dopo la fine della guerra, Badoglio disse ad un suo amico: "Sai perché ho vinto la guerra? Perché ho potuto valermi di molte stazioni radio, perché avevo un'aviazione di cui il Negus era privo, e perché l'ho usata come strumento logistico piuttosto che come forza com• battente" (FARINA, Follia delle folle, p. 92). 592 BiblotecaGinoBianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=