Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Esce di scena De Bono; entra Badoglio glio nel marzo 1935 escludeva la possibilità di operazioni decisive nelle re– gioni desertiche dell'Etiopia meridionale. Soltanto l'Abissinia settentrionale poteva servire agl'italiani per concentrarvi grandi forze militari. Il piano, come sogliono dire i tecnici, era difensivo-offensivo. L'Etiopia poteva mette– re in campo dai 250.000 ai 300.000 uomini; la grande maggioranza aveva carabine, ma l'esercito tutto insieme non aveva piu di mille mitragliatrici e 20 cannoni di vario calibro. La mobilitazione non poteva esser compiuta in meno di tre o quattro mesi, una volta finita in ottobre la stagione delle piogge. Allora avrebbe avuto luogo la prima fase della guerra. Le forze italiane, stabilite su posizioni occupate durante l'ottobre e il novembre nel territorio abissino, dovevano aspettare finché le orde del Negus si slan– ciassero contro di loro in un cieco assalto barbarico. Immediatamente dopo che gli abissini fossero stati battuti in questa battaglia difensiva, doveva seguire una violenta controffensiva per annientarli. Badoglio aveva calco– lato che per la battaglia difensiva occorrevano 100.000 mercenari reclutati nelle colonie italiane, 80.000 soldati italiani, 200 carri armati e una forte scorta di artiglieria ed aeroplani. Non gli era possibile stabilire quante truppe sarebbero state necessarie per la controffensiva. 2 È probabile che non fosse animato da eccessivo entusiasmo sulle prospettive di queste con– troffensive, e che avrebe preferito limitarsi alla battaglia difensiva, lasciando alla diplomazia degli amici francesi e inglesi il compito di negoziare una pace di compromesso con i vinti etiopici. Mussolini aveva in mente una guerra offensiva e calcolava che sarebbero occorsi per questa operazione 200.000 soldati italiani, 100.000 coloniali, 300 carri armati e 500 aeroplani. 3 I piani militari sono piu facilmente messi sulla carta che tradotti in atto. Se dobbiamo credere a quello che Ciano ha scritto nel suo Diario, Mussolini nel 1940 considerava De Bono "un vecchio cretino. Non a causa degli anni, che possono rispettare l'ingegno se c'è stato, ma perché è sempre stato cre– tino ed ora è anche invecchiato" (Ed. ital. I, p. 66). Quando Mussolini pro– nunciava queste parole nel 1940 De Bono era diventato un oppositore mal– contento. Mussolini non fu mai temperato nel lodare o vituperare. Nel 1936 levò al cielo "la forza volitiva di De Bono, i suoi cinquant'anni di espe– rienza, il calmo dominio di se stesso, il giovanile e vigoroso ottimismo, che era stato il fattore decisivo del nostro successo"; De Bono era stato "un architetto della vittoria africana, e come tale meritava la gratitudine del paese." Il fatto è che De Bono non era precisamente un genio. Veniva dal cor– po dei "Bersaglieri" celebri in Italia per la loro assoluta mancanza di cer– vello e perché si gettavano pazzamente allo sbaraglio per "passare alla sto– ria," cioè per essere nominati nei giornali. Nel libro dedicato ai propri 2 ARMELLINI, Con Badoglio, pp. 66-71. 3 DE BoNo, La conquista, pp. 80-81. Bibloteca Gino Bianco 537

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