Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Sanzioni ed elezioni elezioni. Il 28 ottobre egli parlò a Birmingham contro le sanzioni. Un mem– bro del Gabinetto britannico, violando apertamente l'impegno di mantenere segreto tutto ciò che si discuteva nelle sedute del Gabinetto, confidò a Grandi, dopo avergli chiesto di tacere il suo nome, che c'era nel Gabinetto un gruppo favorevole ad una moderata politica di neutralità. 2 Il Presidente della Società britannica degli Autori, Maggiore J. H. Beith, romanziere, drammaturgo e veterano di guerra, al suo arrivo negli Stati Uniti, quale ospite dell'Unione di lingua inglese, per tenere discorsi in dodici città ame– ricane, ammise che la marina britannica "non era forte quanto la marina italiana." Parlai con membri del nostro Ministero degli esteri proprio prima d'imbarcarmi. Essi dissero: "non è probabile che entriamo in guerra con· l'Italia." Quanto all'uomo della strada in Inghilterra, dice: "Perché diavolo vogliamo entrare in guerra quando gli affari vanno riprendendo?" Qualsiasi Parlamento osasse ora entrare in guerra sarebbe cacciato via immediatamente (NYHT. 5-XI). Alla Camera dei Lords, durante le sedute del 22, 23 e 24 ottobre, sei oratori - Lord Hardinge of Penshurst, Lord Cavan, Lord Mottistone Lord Mansfield, Lord Peel, Lord Howe - condannarono le sanzioni di ogni specie, sia militari che economiche. I primi tre scodellarono tutti gli argomenti fatti circolare allora dalla macchina propagandistica mussoliniana. Lord Rennel, la cui tenerezza per Mussolini e il regime fascista non aveva bisogno di pubblicità, dimostrò che la guerra era scoppiata "in conseguen– za dell'inazione della Società," quasi che il Governo britannico, alla cui politica egli aveva dato la sua approvazione, avesse spronato "la Società" all'azione. In ogni modo, ora era necessario circoscrivere la zona della guer– ra, e finirla il piu presto possibile. Non una parola né in favore né contro l'uso di sanzioni. Gli ascoltatori restarono col dubbio se a Mussolini si do– vesse dare tutto ciò che voleva, ora che la guerra era cominciata. Lord Howard of Penrith escluse le sanzioni militari. Approvò le san– zioni decise fino allora da Ginevra, purché fossero applicate "in modo ragionevole e temperato," e deprecò qualsiasi "azione imprudente e intem– perante da parte della Società," che potesse spingere agli estremi "l' onni– potente capo d'Italia." Era necessario raggiungere una soluzione ragione– vole, che rendesse giustizia alle molte ragioni di malcontento dell'Italia, sia contro l'Etiopia, sia, piu generalmente, contro l'attuale distribuzione di co– lonie e materie prime necessarie alle industrie italiane. Il bisogno di por– tare le ostilità in Abissinia ad un'immediata conclusione era molto meno importante che quello di evitare l'insopportabile calamità di una guerra con l'Italia. Mussolini evidentemente aveva poco da temere da lui. Lord Crewe e Lord Lothian consentirono a sole misure economiche, ma opinavano che si dovesse cercare un compromesso accettabile dal Go- 2 Tranne per il discorso di Runciman, che è stato tratto dal Timer di Londra, le altre no– tizie provengono da VILLARI, Storia diplomatica, pp. 165-172. 523 Bibloteca Gino Bianco

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