Gaetano Salvemini - Preludio alla Seconda guerra mondiale

Mediterraneo e Renania lutamente necessario che Mussoli~i desse una piccola prova della sua buona volontà.2 Mussolini era sempre in grado di giocare Laval contro Hoare, e Hoare contro Laval. Ora che era stato di nuovo assicurato che non doveva aspet– tarsi un'azione navale comune franco-britannica, diede istruzioni -a Grandi di diventare piu arrogante. In una conversazione con Vansittart, Grandi protestò contro ciò che si stava pubblicando nella stampa britannica sui negoziati franco-britannici per un'azione navale comune. Vansittart spiegò che l'iniziativa britannica dell'ottobre (v. sopra, p. 309) era stata male in– terpretata nella stampa. Secondo Villari, "Grandi non volle dichiararsi sod– disfatto, mentre Vansittart sembrava piuttosto imbarazzato": Era un tentativo - disse Grandi - di ricattare l'Italia ed era ridicolo parlare della minaccia di un attacco italiano contro la Gran Bretagna proprio nel momento in cui la Gran Bretagna si preparava ad attaccare l'Italia. Quando Vansittart disse che "l'Italia aveva torto di credere che la flotta britannica fosse debole," Grandi replicò che, "non era lui, ma erano ammiragli, ·uomini politici e giornalisti britannici che l'avevano descritta in quei termini. 113 Chi può dire che fosse lontano dal vero? In una successiva conversazione (6 ottobre), Vansittart espresse la spe– ranza che l'azione militare italiana in Africa Orientale non sarebbe andata oltre i limiti imposti dal bisogno di sicurezza (!) e che non avrebbe assunto proporzioni tali da precludere una soluzione che il Consiglio della Società delle Nazioni cercasse eventualmente di raggiungere su nuove basi. Grandi rispose che spettava alle autorità militari decidere quali misure potessero essere necessarie; il problema etiopico doveva essere risolto nel suo insie– me." Se queste discussioni si svolsero veramente come vengono descritte, la mansuetudine di Vansittart non era proprio quel che ci voleva per af– frontare l'arroganza dell'ambasciatore e del suo padrone. La deliberazione dell'Assemblea della Società che il Patto era stato vio– lato suscitò in Italia, e naturalmente anche in Francia, una nuova ondata di biasimo e di mmacce contro l'Inghilterra. 5 l Ibidem, pp. 288-9. 3 Ibidem, pp. 163-165. 4 Ibidem, pp. 151-2, 164-5, 187-8. 5 Ecco ciò che il Times di Londra (19-IX) ebbe a dire sui mercenari di Mussolini in Fran– cia: "Viene condotta contro la Gran Bretagna, la sua politica e i suoi motivi una campagna di diffamazione, che va molto oltre i limiti dell'onesta discussione, ed è condotta con una ener– gia che dimostra che 1 portafogli sono ben forniti. Gli indizi di corruzione italiana su vasta scala sono avvalorati da prove piu dirette, come i circoli responsabili qui sarebbero i primi ad ammettere." Villari c'informa che "la stampa francese era prevalentemente anti-britannica e favorevole alla tesi italiana: Henry Béraud pubblicava articoli amari contro la Gran Bretagna nel Gringoire, e Léon Daudet imitava Henry Béraud nell' Action Française. La moglie del Ma– resciallo Pétain visitò l'ambasciatore italiano per informarlo che suo marito era fieramente con– trario alla politica inglese" (VILLARI, Storia diplomatica, p. 189). Tutti costoro dovevano rive– larsi collaboratori di Hitler pochi anni dopo. Quanto a coloro in Francia· che non approvavano la politica di Laval, Villari (p. 180) riferisce che il delegato francese a Ginevra confidò al delegato italiano che l'ambasciatore inglese a Parigi "aveva comprato molti deputati francesi perché votas– sero contro Lavai e lo facessero cadere." Sarebbe interessante sapere se il delegato italiano confidò al delegato francese quanti deputati e giornalisti francesi erano stati comprati con moneta italiana. 515 Bib.loteca Gino Bianco

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